giovedì 23 ottobre 2008

Cartoline Africane 3

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Samuel Fosso (Kumba, Camerun, 1962)
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Samuel Fosso

Nel 1975, a soli tredici anni, Samuel Fosso apre a Bangui, capitae della Repubblica Centrafricana, uno studio fotografico. Un infanzia drammatica: completamente paralizzato fino all' età di quattro anni; tre anni di guerra del Biafra passati nella boscaglia sotto la minaccia dei bombardamenti (tre milioni i morti e cinque milioni di rifugiati senza cibo); la conseguente fuga dalla Nigeria alla Repubblica Centraficana e le tensioni e le precarietà postcoloniali di un paese governato da Bokassa, portano presto Fosso a voler dimentcare, isolarsi dal contesto e reinventarsi. Nella solitudine delle ore serali, dopo il lavoro con la clientela, lo studio si trasforma così in uno spazio di autorappresentazione, idealizzazione e teatralizzazione. Fosso inventa il suo palcoscenico di performance: pose, simulazioni, travestimenti, autocompiacimenti. Inizialmente si ispira alle immagini patinate di cantanti e personaggi famosi, riprese da copertine di dischi e pagine di riviste occidentali alla moda. I suoi ritratti, realizzati con la consapevolezza crescente di poter variare i significati del corpo, minano la tradizionale nozione di identità e mettono in atto uno spazio di fantasia del tutto insolito tra i fotografi del continente africano. Anche senza affrontare il tema della sessualità, per esempio, le sue immagini risultano cariche di erotismo.

Alcune foto:
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autoritratto
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"Un giornaista inglese ha dato a mio nonno la qualifica di stregone. Ma per noi uno stregone è qualcuno che fa del male. Si dice anche che mio nonno facesse dei miracoli, ma non confondiamo. Quaggiù i miracoli non esistono: lui utilizzava il suo potere per il bene, curava e salvava i sofferenti, tutto quà. La gente diceva di me che ero un babbeo, un incapace, perchè ero malato e paralizzato ai piedi e alle mani. La medicina moderna non era riuscita a guarirmi, lui si. Mi ha reso la vita, senza di lui io non sarei qui. Avrebbe voluto che diventassi guaritore anch' io, che imparassi la sua arte".

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