lunedì 30 maggio 2011

Addio, grande Gil.



Era il 1970 quando un 21enne afroamericano, nato a Chicago, trapiantato nel Tennesee e cresciuto nel Bronx newyorkese, provava per la prima volta a mettere insieme l'arte della parola e quella della musica, dando alle stampe una raccolta di poesie e un disco con lo stesso titolo: ''Small talk at 125th and Lennox''. Quel ragazzo si chiamava Gil Scott-Heron e di lì a poco sarebbe diventato una delle voci più originali ed importanti della scena afroamericana. Da qualche giorno, purtroppo, non è più tra noi. E' venuto a mancare il 27 Maggio scorso a New York all'ell'età di 62 anni. Scrittore, poeta, musicista e compositore, Gil ha attraversato gli ultimi quarant'anni della storia americana rileggendola con gli occhi della critica sociale e politica, della poesia e della musica, riuscendo, come pochi altri hanno saputo fare, a dar corpo a tensioni e sentimenti in una maniera straordinariamente originale. Il suo periodo d'oro fù quello dei Settanta, ricchi di capolavori che all'epoca passarono perlopiù inosservati perchè tutti pendevano dalle labbra di Dylan e a un poeta altrettanto americano, ma veramente scomodo, come Gil Scott-Heron non si prestò la dovuta attenzione. Da ''Pieces of a Man'' a ''Free Will', da ''Winter In America'' a ''1980'' passando per molti altri piccoli grandi capolavori che illustrano uno stato di grazia caratterizzato da somma libertà espressiva e un'impareggiabile miscela di jazz, soul e funk, oltre alla capacità di combinare grooves micidiali con la lettura graffiante di temi come la guerra, il nucleare, l'emergenza sociale nei ghetti, l'abuso di sostanze, il consumismo ecc ecc. Il suo ultimo acuto giusto lo scorso anno con il bellissimo ''I'm New Here''. Ci mancherai Gil, anche se con la consolazione che la tua musica e le tue parole ci accompagneranno per tutta la vita.

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