domenica 25 ottobre 2009

Il Jazz in pillole: Free Jazz


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All'inizio degli anni Sessanta il nuovo capofila del jazz moderno è John Coltrane. E' lui il maestro dei giovani musicisti neri "arrabbiati che vogliono riappropriarsi di quella musica, sottratta dalla cultura dominante bianca. Così, nel quadro della radicalizzazione del movimento nero, i musicisti respingono i criteri estetici della società americana e inventano una musica del tutto nuova: il free jazz.

Gli Stati Uniti negli anni Sessanta vedono acuirsi in modo sempre più grave le tensioni sociali avviate nel decennio precedente. La notta dei neri per l'integrazione razziale è condotta da due leader carismatici: Martin Luther King e Malcom X. I problemi interni, il conflitto nel Vietnam e gli attentati al presidente John Kennedy e al fratello Bob così come ai due leader neri già citati concludono un decennio imperniato sulla contestazione e il caos sociale.

Mohammed Ali con Malcom X


IL FREE JAZZ

Non sorprende che a New York alcuni musicisti, in parte influenzati da questa atmosfera di malessere e di protesta, si esprimano attraverso un linguaggio più libero e spregiudicato fin dalla fine degli anni Cinquanta. Le prime avvisaglie del cosiddetto free jazz si possono sentire in parte nei profetici lavori di Coltrane e soprattutto di Charlie Mingus con il suo collaboratore più avanzato Eric Dolphy.


Ornette Coleman

Ma è il sassofonista texano Ornette Coleman che, venuto da Los Angeles alla fine degli anni cinquanta, suona già jazz informale, o free jazz, o new thing lasciando di stucco i musicisti e l'ambiente newyorkese. Egli ha già respinto l'aspetto armonico dell'eredità di Charlie Parker e vuole conservarne solo l'essenza. "Suoniamo la musica e non lo sfondo", dichiara. Le questioni tecniche sono secondarie, per lui contano solo l'emozione e l'autenticità dell'espressione. La "teoria armolodica" che svilupperà nel corso degli anni, sfugge alla comprensione dei musicologi, è infatti un discorso filosofico, sociale, perfino poetico, più che tecnico. Già quì stà in buona parte l' "essenza" del free jazz. Le strutture fanno ancora riferimento al blues, ma il suo "blues connotation", in undici battute e mezzo, richiama molto più le incertezze dei primi bluesmen che non il blues accademico in dodici battute. Numerosi bopper si sentono infastiditi da quelle idee, che rimettono in discussione tutta la loro musica. Comunque il sostegno offerto a Ornette Coleman da John Lewis e da altri musicisti della West Coast gli consente di registrare i primi dischi. I titoli sembrano dei manifesti: "Something Else!" (Qualcosa di diverso), "Tomorrow Is The Question" (Il problema è domani), "The Shape of Jazz to Come" (La forma del futuro jazz). Il 21 Dicembre 1960 Coleman registra con una formazione inedita, un doppio quartetto (uno contapposto all'altro), che fa epoca. Il primo quartetto è capitanato dallo stesso sassofonista, il secondo è guidato dal grande Eric Dolphy al clarinetto basso.




Le due formazioni improvvisano gran parte della registrazione spesso simultaneamente, attraverso linguaggi e tecniche non riconducibili ai parametri classici del jazz. La libertà sonora viene espressa da tutti gli strumenti senza regole strutturali, ritmiche o armoniche. Una sorta di composizione istantanea prende forma attraverso l'ispirazione del momento, il dialogo interattivo tra le voci, i timbri, le idee che affiorano nel corso del tempo. Il titolo dell'album passerà alla storia: "Free Jazz".


Anche il pianista Cecil Taylor insieme al sassofonista Archie Shepp suonano "musica libera", il primo con una solida preparazione classica, il secondo ripercorrendo la storia delle musiche nere americane e tramite riletture del blues della soul music e del gospel. E' importante precisare che l'affermazione del free jazz come per il primo bebop è ad opera di pochi artisti che inizieranno a raccogliere consensi solo verso la metà degli anni Sessanta, più in Europa che negli Stati Uniti. In questi anni si affermano numerose e distinte personalità del free jazz: Alber Ayler, che sceglie l'urlo, fondendo ritornelli ingenui con densissimi tessuti sonori, e spingendo anch'esso l'espressione al di là dei linguaggi convenzionali per privilegiare l'emozione immediata; Sun Ra, strumentista multiforme, che recupera una certa tradizione di esotismo e di fantastico delle big band degli anni Trenta.


Poi il contrabassista Alan Silva che lavora alla densità degli strati sonori e lo stesso John Coltrane che per un certo periodo soprattutto con l'album "Ascension" si avvicina molto alla musica informale. Molti musicisti si riuniscono in associazzioni per autoprodurre e diffondere i propri dischi, ritenuti poco vendibili. Una di esse, l' AACM (Association for the Advancement of Creative Musicians) contribuisce a rilanciare il free jazz in un momento in cui il free jazz ha perso buona parte del suo slancio.

AACM

Fondata nel 1965 a Chicago da Muhal Richard Abrams, l'AACM riunisce molte figure di spicco del free jazz degli anni sessanta e settanta. Ne fanno parte, ad esempio, l' Art Ensamble Of Chicago, che diffonde la new thing sopprattutto in Europa, con il già citato pianista Richard Abrams, il trobettista Lester Bowie, i polistrumentisti Anthony Braxton, Roscoe Mitchell .



Da ricordare, inoltre Joseph Jarman, Leo Smith, Leroy Jenkins, Kahil El'Zabar, Fred Anderson, e Phil Cohran, membro tra la seconda metà dei '50 e i primi anni '60, dell' Arkestra di Sun Ra e tra i fondatori della stessa AACM, nonchè autore dello storico "On The Beach". Per finire non si può non menzionare la ESP record, etichetta discografica che ha ricoperto un ruolo centralissimo negli sviluppi e nella promozione della musica free negli anni sessanta.

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