giovedì 10 maggio 2012

Ebo e il ponte dei ricordi

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Negli anni Settanta la sirena dell'afrobeat non incantava solo la Nigeria; così dopo una prima serie di antologie e ristampe che hanno permesso di mettere maggiormente a fuoco il fenomeno nigeriano nel suo complesso, alcune benemerite etichette discografiche hanno successivamente contribuito ad allargare il campo d'indagine anche ad altri paesi africani, colmando così un vuoto di documentazione importante. In Ghana, soprattutto (dove l'highlife era lo stile dominante), molti autori in quanto a talento e brillantezza avevano davvero poco da invidiare ai più noti colleghi nigeriani, come testimoniano efficacemente le notevoli messe di informazioni e il florilegio di musica contenuta nei due preziosi volumi (Ghana Soundz Volume 1 & 2) pubblicati ormai qualche anno fa dalla Soundway, ma che restano tra i più rappresentativi e consigliabili del genere. Tra i principali protagonisti di quella scena (e di quelle raccolte) va annoverato il chitarrista cantante, produttore e arrangiatore ghanese Ebo Taylor che partito come figura di spicco dell'esplosione highlife negli anni '50/'60, si è poi distinto nella decade successiva oltre che per le sue doti di abile cucitore di orizzonti lontani (dai caraibi a New Orleans) anche per la straripante sensibilità funk che riusciva a infondere alla sua musica, come si evince ascoltando i due cd di ( Life Stories; Highlife & Afrobeat Classics 1973-80 ) una magnifica antologia retrospettiva patrocinata lo scorso anno dalla Strut, che solo qualche mese prima aveva pubblicato anche il sorprendente esordio internazionale del musicista africano (''Love And Death''), giunto alla veneranda età di 74 anni, in linea con la politica della benemerita etichetta londinese, votata a favorire la rinascita artistica di alcuni degli interpreti più rilevanti e rappresentativi della vecchia scena africana (da Mulatu all'Orchestre Poly-Rhythmo).
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Operazioni di rinascimento protrese a rivalutare l'enorme patrimonio tradizionale della musica africana senza eccedere in derive esageratamente nostalgiche, ma puntando soprattutto sulla freschezza e sull'originalità delle composizioni. Ne è ulteriore conferma il recente ''Appia Kwa Bridge'', secondo capitolo internazionale della seconda vita artistica del musicista ghanese supportato ancora una volta dai bravissimi strumentisti dell' Afrobeat Academy (giovane gruppo di residenza berlinese a prevalenza ghanese con lui da un paio d'anni) e da una buona cornice di ospiti tra i quali il mitico Tony Allen (batterista che a fianco di Fela Kuti ha dato un contribuito fondamentale nella definizione del suono afrobeat), il chitarrista Oghene Kologbo e il maestro della conga Addo Nettey, a.k.a, Pax Nicholas. Assieme a loro il vecchio leone rivitalizza il patrimonio della tradizione fante, un gruppo etnico del Sud del Ghana (canti di guerra e filastrocche per bambini, soprattutto) attraverso un suono denso e ispiratissimo: chitarre taglienti, tastiere puntulai, precise sincopi ritmiche, micidiali interplay basso-batteria, il tutto contrappuntato dalle solite festose e scintillanti sezione fiati sempre pronte ad illuminare il cielo. Il titolo del lavoro riflette la melancolia di Ebo per la sua terra; la title track, infatti, prende il nome dal piccolo ponte di Saltpond (nella Cape Coast, la località dove Ebo è cresciuto) luogo in cui le persone si incontrano durante il giorno e gli innamorati si danno appuntamento di notte. Dentro anche un paio di vecchi cavalli di battaglia riciclati a dovere per l'occasione (Yaa Amponsah, di chiara matrice highlife, e Serwa Brakatu di Apagya Show Band, ripresa come Kruman Dey) che fanno da cornice a sei tracce nuove di zecca: Ayesama è un canto di guerra della popolazione Fante in tono di burla; Nsu Na Kwan si basa su un proverbio che si riferisce chiaramente al rispetto per le persone più anziane; Abonsam (Il Diavolo) cita il male nel mondo come esempio da non seguire; Assom Dwee (il brano con Tony Allen) e Kruman Dey spingono sull'acceleratore funk e sulle ritmiche. Il lavoro chiude come meglio non si potrebbe: voce e chitarra registrate in presa diretta, Barrima è la commovente dedica di Ebo alla moglie, scomparsa lo scorso anno. L'impressione è che al cospetto di cotanta grazia ai giovani epogoni resti una sola cosa da fare: togliersi il cappello!
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