Nato e cresciuto nella piccola città di Wilson, North Carolina, Lee Fields ha trascorso la sua adolescenza cantando in chiesa e ascoltando artisti come James Brown, The Temptations, Eddie Floyd, Otis Redding, Solomon Burke e il classico suono di Memphis. Iperattivo fin dagli anni Settanta, aldilà delle scarse attenzioni riservategli dall’industria discografica maggiore (un solo contratto con la major London risalente peraltro al 1973) e un lavoro dimenticato pubblicato nel 1979 (''Let's Talk It Over''), il cantante torna in attività agli albori degli anni ’90 con un trittico di album pubblicato dalla Ace, dopo aver trascorso gli eighties in una fase di costernato silenzio. Qualche anno dopo è la Desco (l’etichetta da cui prenderà le mosse il movimento neo soul tutto, Daptone Records compresa) ad accoglierlo a braccia aperte pubblicando nel 1998 ''Let’s Get A Groove On'', un album costruito sul suo magistrale timbro soulful. Ma è soprattutto nel 2009 che la stella di Fields torna a brillare prepotentemente; nel momento in cui figure di rilievo di un’epopea indimenticata come Naomi Shelton o Sharon Jones raccolgono a distanza di tempo i frutti di una carriera spesso ai margini del music business, il nostro si ripresenta baldanzoso con ''My World'', che segna il sodalizio con la label di Brooklyn Truth & Soul, ma anche con i rispettivi proprietari, Jeff Silverman e Leon Michels, desiderosi di pubblicare un disco ''con fini armonie vocali ed una sezione ritmica comunque incalzante simile allo stile di gruppi
vocali quali The Moments, The Delfonics e The Stylistics''. Per far questo Silverman e Michels mettono a disposizione del cantante la sapienza esecutiva degli Expressions (al lavoro anche con Aloe Blacc), favolosa e micidiale backing-band chiamata a fare da contraltare alla formula di Mr. Lee, pronto a dare un seguito alle prodezze vocali che negli anni 70 gli valsero l'apellativo di ''Little James Brown'' e opportunamente impiegata anche nella realizzazzione di ''Faithful Man'' (Truth & Soul, 2012). Fedele alla filosofia dell'autore secondo cui la soul music è un'attitudine, una forma mentis che non ti abbandona
tutta la vita e che può coniugarsi benisssimo con i nostri tempi, il disco sembra uscito da una capsula temporale piombata fra noi direttamente dagli anni Sessanta e Settanta, un flash back di grande splendore, impreziosito da un sound travolgente e raffinato, tra andature stax, funk bollenti, soul ballads, ma anche incursioni orchestrali memori di Bacharach e dell'Isaac Hayes di
''Hot Buttered Soul''. I Riferimenti sono sempre i soliti con diversi
livelli e sfumature di riverenza. Fields si lascia trasportare dalla musica, mima le mosse di Mr. Dynamite, sussurra nell'orecchio di Otis Redding, pecca con
le coriste, si converte con Al Green. Soprattutto giura eterna fedeltà
alla sua musica. E se è vero che la riproposizione vintage di questi suoni sollecita
inevitabilmente il confronto con i maestri, è altrettanto vero che le
canzoni parlano e si impongono a prescindere da quando vengono
realizzate. Un lavoro vibrante, appassionato a tratti sofferto, intimo. Straconsigliato a tutti gli amanti del genere. [Ascolta Faithful Man ]
Gli appassionati di soul avranno di chè gioire anche ascoltando ''Soul Overdue'' (Freestyle Records, 2012) il ritorno di Martha High e dei suoi Speedometer. Al di là del titolo, Martha non è una novellina cresciuta mimando le mosse del ''padrino del soul'' davanti a uno specchio come molte nuove giovani proposte del music business, ma un'artista di lungo corso (in pista con i Jewels già dagli anni Sessanta) che al pari di altre funky divas quali Vicki Anderson, Marva Whitney o Lyn Collins può vantare un lunghissimo apprendistato alla corte di sua maestà James Brown e, di conseguenza, l'opportunità di dividere il palco con artisti del calibro di Little Richards, Jerry Lee Lewis, The Temptations, Aretha Franklin, Stevie Wonder, George Clinton, B.B. King, Maceo Parker (per il quale ha cantato in diverse occasioni) e molti altri. Ma al di là di una carriera ricca di collaborazioni c'è da chiedersi per quale motivo, prima del fortunato incontro con gli esplosivi Shaolin Temple Defenders e alla realizzazzione di W.O.M.A.N (Soulbeat Records, 2008) nessuno si fosse mai preso la briga di portare questa reginetta del soul in uno studio di registrazione (ad eccezzione di un omonimo lp di musica disco pubblicato nel 1979 dalla Salsoul Records). Motivo in più per accogliere a braccia aperte (e ad orecchie spalacate) questo ''Soul Overdub'' in cui è possibile apprezzare tutta l'abilità interpretativa della cantante di Washington Dc, magistralmente supportata dal poderoso groove degli Speedometer, una delle migliori deep funk band in circolazione. Facendo appello alle intonazioni forti, verso le quali è portata naturalmente, ma sfoderando anche una ragguardevole dose di arte incantatoria dove il copione lo richiede (vedi le ballate soul), Martha si cimenta in una stupenda esibizione vocale in cui brani prelevati dal repertorio degli stessi Speedometer si alternano ad eterni capolavori di Aretha Franklin (Save Me), Marvin Gaye (Trouble Man), Etta James (I’d Rather Go Blind) o dello stesso James Brown (Mama Feelgood) doverosamente riarrangiati e restituiti con rinnovato splendore per l'occasione. L'esuberanza si rivela soprattutto in classici funky soul come l'iniziale ''No More Heartaches'' (originariamente cantata dalla collega Vicki Anderson), che strapazza con bordate canore incredibili o in composizioni similari come ''Never Never Love A Married Man'', ''No Man Worries'', ''You Got It'', ''Save Me'', tutti pezzi in cui il suo grido potente si sposa perfettamente con i ritmi, le bordate di hammond e gli arrangiamenti fiatistici di un errebi decisamente focoso e memore del suono Stax, mentre la capacità di sedurre è riservata a ballate soul quali la citata ''I'd Rather Go Blind'' o ''You Got Me Started''. Un sound travolgente impreziosito sia dalla straordinaria forza delle corde vocali di Martha che dalla ricchezza strumentale e dai grooves di una band affiatatissima. Soul, funky e r&b suonato e cantato con feeling, sudore e passione. Da non perdere
Gli appassionati di soul avranno di chè gioire anche ascoltando ''Soul Overdue'' (Freestyle Records, 2012) il ritorno di Martha High e dei suoi Speedometer. Al di là del titolo, Martha non è una novellina cresciuta mimando le mosse del ''padrino del soul'' davanti a uno specchio come molte nuove giovani proposte del music business, ma un'artista di lungo corso (in pista con i Jewels già dagli anni Sessanta) che al pari di altre funky divas quali Vicki Anderson, Marva Whitney o Lyn Collins può vantare un lunghissimo apprendistato alla corte di sua maestà James Brown e, di conseguenza, l'opportunità di dividere il palco con artisti del calibro di Little Richards, Jerry Lee Lewis, The Temptations, Aretha Franklin, Stevie Wonder, George Clinton, B.B. King, Maceo Parker (per il quale ha cantato in diverse occasioni) e molti altri. Ma al di là di una carriera ricca di collaborazioni c'è da chiedersi per quale motivo, prima del fortunato incontro con gli esplosivi Shaolin Temple Defenders e alla realizzazzione di W.O.M.A.N (Soulbeat Records, 2008) nessuno si fosse mai preso la briga di portare questa reginetta del soul in uno studio di registrazione (ad eccezzione di un omonimo lp di musica disco pubblicato nel 1979 dalla Salsoul Records). Motivo in più per accogliere a braccia aperte (e ad orecchie spalacate) questo ''Soul Overdub'' in cui è possibile apprezzare tutta l'abilità interpretativa della cantante di Washington Dc, magistralmente supportata dal poderoso groove degli Speedometer, una delle migliori deep funk band in circolazione. Facendo appello alle intonazioni forti, verso le quali è portata naturalmente, ma sfoderando anche una ragguardevole dose di arte incantatoria dove il copione lo richiede (vedi le ballate soul), Martha si cimenta in una stupenda esibizione vocale in cui brani prelevati dal repertorio degli stessi Speedometer si alternano ad eterni capolavori di Aretha Franklin (Save Me), Marvin Gaye (Trouble Man), Etta James (I’d Rather Go Blind) o dello stesso James Brown (Mama Feelgood) doverosamente riarrangiati e restituiti con rinnovato splendore per l'occasione. L'esuberanza si rivela soprattutto in classici funky soul come l'iniziale ''No More Heartaches'' (originariamente cantata dalla collega Vicki Anderson), che strapazza con bordate canore incredibili o in composizioni similari come ''Never Never Love A Married Man'', ''No Man Worries'', ''You Got It'', ''Save Me'', tutti pezzi in cui il suo grido potente si sposa perfettamente con i ritmi, le bordate di hammond e gli arrangiamenti fiatistici di un errebi decisamente focoso e memore del suono Stax, mentre la capacità di sedurre è riservata a ballate soul quali la citata ''I'd Rather Go Blind'' o ''You Got Me Started''. Un sound travolgente impreziosito sia dalla straordinaria forza delle corde vocali di Martha che dalla ricchezza strumentale e dai grooves di una band affiatatissima. Soul, funky e r&b suonato e cantato con feeling, sudore e passione. Da non perdere