mercoledì 28 novembre 2012

Sciamani postmoderni


ANDY STOTT


Con ''Luxury Problems'' Andy Stott centra l'obiettivo di prolungare la via indagatoria aperta lo scorso anno con le implosioni ritmiche e le  decongestioni techno-percussive del dittico ''We Stay Together'' - ''Passed Me By'' (Modern Love, 2011). Senza ripetersi, il produttore di Manchester intraprende l'ennesima metamorfosi compositiva e amplia lo sguardo della propria musica senza lasciare sguarnito nessun aspetto, tanto meno quello della torbida e conturbante lentezza e della spessa nube di sintesi a passo di tartaruga dei lavori precedenti. In questo senso non c'è una rottura drastica, totale, ma una logica evoluzione di un suono che manifesta inedite aperture vocali, rivelando elementi inaspettatamente aulici e spiragli di luce in perenne lotta contro la penombra. Stabilire se si tratti di techno, deep soul o ethereal music risulta riduttivo in casi come questi e al di là di ogni possibile etichetta la cosa veramente certa è che Stott è riuscito a forgiare un'altro lavoro di dirompente forza evocativa. Un tuffo dall'altissimo coefficiente di difficoltà perfettamente riuscito.



RAIME


L'attesissimo battesimo su lunga distanza per l'enigmatico duo di produttori londinese Raime (Joe Andrews e Tom Halstead) si traduce in una esplorazione musicale (e psicologica) in terreni misteriosi. Un suono aghiacciante dalla forte radice industrial e isolazionista sull'orlo del coma (piacerà sicuramente agli estimatori di Coil, Clock Dva, Scorn, Main, Techno Animal ecc) in cui si fondono elementi ambient, techno e (post)dubstep senza mai cadere nella parodia del teatrino dark. La musica dei Raime punta essenzialmente a un isolamento forzato, a una oscurità palpabile, vivida, attualissima, sviscerata da ritmiche minimali da apocalisse post-industriale. Un soundtrack della notte metropolitana che suggerisce l'immane desolazione e l'inquitudine  della società moderna. Menzione speciale anche per la meravigliosa contorsione di copertina, opera del fotografo William Oliver, che fà il paio con quella del tuffo di Andy Stott.



DINO SABATINI


Considerato uno dei dj e producer più in vista dell'attuale panorama europeo e tra  i massimi esponenti di una scena techno tanto apprezzata all'estero quanto ignorata in patria, il romano trapiantato a Berlino Dino Sabatini è autore di un percorso affascinante attraverso un suono di natura oscura, ipnotica e minimale sulla linea di altri alfieri della nuova onda capitolina quali Donato Dozzy e Neel (protagonisti quest'anno dell'ambizioso progetto Voices From The Lake) con i quali condivide l'estetica del suono Prologue. ''Shaman's Pat'' sancisce il ritorno del produttore romano alla casa Bavarese (dopo una serie di release tra il 2008 e il 2010) con un primo lavoro sulla lunga distanza che conferma appieno le aspettative sul suo conto. Un album intenso e profondo che rimanda a una personale interpretazione delle sonorità tribali del continente nero, in un percorso dal marcato influsso ipnotico scandito da poliritmie notturne e campioni di voci misteriose che si susseguono minacciose prima di essere rissucchiate nel magma techno-dub. Un viaggio introspettivo, oscuro, ricco di suggestioni.




SHACKLETON  


Spettacolare esibizione di Shackleton all'apice della sua maturità artistica. Due release con identità propria in quanto a suono, ma legate da una comune esperienza trascendentale in cui ogni titolo rimanda all'altro e viceversa. Come un ouroboros (il serpente che si morde la coda, rappresentazione della teoria dell'eterno ritorno) tutto è riconducibile alla natura ciclica delle cose. Fluida e allucinata la musica induce a una specie di trance e sembra l'effetto ultimo di uno stato extracorporale, l'evasione dalla realtà e dalle appartenenze. Battiti terzomondisti e tropicalismi post-moderni mettono a nudo la visione androide, solo a tratti umana, di uno sciamano fuori dal tempo. L'inafferrabilità è totale. La bussola è riposta nel cassetto. Domina un esotismo alienante. L'umore è nero e intriso di misticismo, ora vivo e pulsante, ora avvolto da una nube densa in cui confluiscono ambient, colonne sonore di vecchi documentari e quella che un tempo avremmo chiamato hauntology. E' come se dietro ad ogni atmosfera si nascondesse uno spettro, l'impronta dell'ineffabile. Un viaggio perenne, un flusso ininterrotto da vivere intensamente.

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