lunedì 1 dicembre 2008

Cinema a tema: Il Jazz



"A song is born" di H. Hawks (1948)
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"Jammin' the Blues" di Gjon Mili (1944)

Sono moltissimi i nomi importanti della storia del cinema che hanno puntato il loro interesse sul jazz nelle sue diverse accezioni. Ma che cosa accade quando sono proprio cinema e jazz a siglare un'unione? Che cosa accade, in altre parole, quando due tessere tanto rilevanti del mosaico culturale novecentesco si trovano accostate? Nel tempo, negli anni, non sono mancate rassegne e contributi saggistici dedicati all'argomento. In quasi ottant' anni il cinema ci ha raccontato il jazz, lo ha esaltato, deprecato, amato: ne ha svelato il mondo, si è fatto ritmare dal suo beat, lo ha usato per raccontare sentimenti e storie contemporanee, dagli Stati Uniti al Giappone, dalla Francia all'Italia. E allora Duke Ellington, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Count Basie, Charlie Mingus, Miles Davis, Chet Baker, Bill Evans (solo per citarne alcuni) nel tempo si sono fatti sedurre dal cinema. Il cinema stesso ha accompagnato in parte le loro voci, la loro musica, le loro storie... I grandi e i meno grandi del jazz sono passati sullo schermo come personaggi e come spirito musicale, con divertimento e con malinconia, sempre però con quell'eccitazione che accompagna e contraddistingue la musica nata a New Orleans e diventata di casa in tutto il mondo.

Lady Sings the Blues" (1972)

Molti gli esempi, si diceva: dal primo film sonoro giapponese a Mo' Better Blues di Spike Lee, fra cui hanno avuto un ruolo di primo piano le tantissime pellicole (compreso qualche B-Movie) che la Hollywood classica in bianco e nero ha dedicato al jazz, ai suoi protagonisti e alle sue atmosfere. E non poteva essere altrimenti visto che la legittimazione internazionale dei ritmi afroamericani si compie all'inizio degli anni Venti, ossia proprio nel momento in cui Hollywood sta definendo il suo assetto estetico e industriale. Tanto che l'"età del jazz" ha finito per dare sfogo alla formazione dell'industria cinematografica americana influenzandola (al punto che il primo film sonoro, realizzato nel 1927, si intitola Il Cantante di jazz ) e inaugurando di conseguenza un dialogo tra queste due arti che non è più venuto meno.
. "The Jazz singer" (Il cantante di jazz), 1927

Altri esempi in questo senso si possono considerare i lavori di Cassavetes e la nascita del cinema indipendente che proprio dal jazz hanno tratto la loro ragione d'essere e linfa vitale, passando per un'infinità di ricordi tra i quali si staglia quel piccolo monumento che è L'ascenseur pour l'échafaud (Ascensore per il patibolo, 1957). Senza trascurare Bird di Clint Eastwood in cui Clint il duro è riuscito a riversare e a far arrivare allo spettatore tutta la sua intensa passione per il mondo del jazz.
. Jeanne Moreau in "Ascenseur pour l'echafaud", 1957
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Il dialogo tra le due arti si è sviluppato nel tempo secondo andamenti mutevoli, influenzando profondamente i percorsi di formazione e di sviluppo di cinema e jazz e ponendo reciprocamente, problemi più generali di natura culturale ed estetica. In effetti, analizzare che cosa il cinema statunitense ha fatto al jazz, e viceversa, può voler dire, all'interno di determinate parentesi della storia americana, posare una lente di ingrandimento su fenomeni di più ampia portata. In particolare, comprendere meglio le modalità di rappresentazione dei ritmi della civiltà afroamericana da parte della più bianca e capitalistica delle arti può dischiudere uno sguardo di grande originalità sui rapporti esistenti fra le culture. Se Hollywood, fin dalle prime realizzazioni sonore, non ha potuto trattenersi dal subire il fascino dei nuovi ritmi jazz, dall'altra parte si è anche trovata a maneggiare un arte piuttosto pericolosa, i cui assunti estetici fondamentali (per non parlare della sua provenienza sociale) cozzavano vistosamente con l'ideologia di cui il cinema classico si stava facendo interprete. Ne è derivata di conseguenza (in molti casi), fin dai primi film d'ambiente o d'argomento jazz, una vera e propria falsificazione della storia di quest'ultimo, dietro alla quale sono all'opera strategie della produzione hollywoodiana, che sembrava voler comunicare l'idea che la nuova musica fosse "un'arte dove i bianchi possono dominare i neri" e dove "i musicisti neri sono in ammirazione del talento dei bianchi". Ciò ha significato non soltanto scompaginare l'identità etnica del jazz, ma anche tradirne la sua verità. Del resto, fin dall'inizio, più che un semplice ritmo il jazz si è rivelato un' alternativa culturale, estetica, una sintesi dell' "altro" esotica e minacciosa.

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"Scrub me mama with a Boogie Beat" (7'-1941) di W. Lantz

Coad black and de sebben dwarfs
Visto che ci sono aprofitto per parlare in questo spazio di un video (che potete vedere qui sotto) che è stato tempo addietro oggetto di un aspra polemica scatenata da un giornalista del New York Times, che aveva scoperto che su YouTube erano reperibili, tra centinaia di migliaia di altre clip animate, ben undici cartoni della Warner Bros e della Disney ritenuti razzisti e per questo banditi e mai più trasmessi sulle reti televisive. Il cartone propone una serie di stereotipi sulle persone di colore che alcuni potrebbero trovare alquanto offensivi, ma mentre i detrattori suggeriscono di mettere al bando le clip incriminate, altri sostengono che non se ne può cancellare il valore storico e culturale e che non si può eliminare il razzismo facendo semplicemente finta che non sia mai esistito.Il cartone risale al 1943, fa parte della serie di Merrie Melodies della Disney ed è una parodia di Biancaneve intitolata Coal Black and the Sebben Dwarfs, che potremmo tradurre come “Nera carbone ed i sedde naneddi”, in quanto il titolo scimmiotta l’accento delle persone di colore e suona, per intenderci, come la parlata della domestica Mami in Via Col Vento.Gli atteggiamenti stereotipati dei personaggi ricalcano il cosiddetto stile blackface, a lungo accettato dalla società americana ma ora considerato estremamente offensivo e razzista. Seppure le clip siano state più volte rimosse da YouTube, se potete vedere questo video significa che sono ancora reperibili in rete.

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A seguire l'elenco di alcune pellicole in cui cinema e jazz siglano, in qualche modo, un unione. I film sono riportati con il loro titolo originale. Alcuni vi offrono anche la possibilità di entrare direttamente nel video.


-1927: "The Jazz singer" di Alan Crosland  
-1929: "Hallelujah" di K. Vidor
-1931: "Madamu to Nyobo" di H. Gosho
-1937: "Woodland café" di W. Jackson
-1939: "Paradise in Harlem" di J. Seiden
-1940: "Broken strings" di Bernard B. Ray
-1941: "Bird of the blues" di V. Schertzinger
-1942: "Syncopation" di W. Dieterle
-1947: "A day with Duke" (6') di G. Pal
-1947: "Jivin'in be-bop" di L. Anderson
-1947: "Rhapsody in the wood" (8') di G. Pal
-1951: "Il blues della domenica sera" di V. Zurlini
-1954: "Glenn Miller story" di A. Mann
-1955: "Benny Goodman story" di V. Davis
-1958: "Les Tricheurs" di M. Carné
-1959: "Anatomy of a murder" di O. Preminger
-1959: "Gene Krupa story" di R. Wise
-1959: "Odds against tomorrow" di R. Wise
-1959: "Shadows" di J. Cassavetes
-1959: "Un témoin dans la ville" di Edouard Molinaro
-1961: "After hours" di S. Traube
-1962: "Una storia milanese" di Eriprando Visconti
-1966: "A man called Adam" di L. Penn
-1967: "Sweet love, bitter" di H. Danska
-1972: "Lady sings the blues" di S. Furie
-1976: "Sven Klang's Kvintet" di S. Olsson
-1983: "Mississippi Blues" di B. Tavernier
-1984: "Cotton Club" di F. F. Coppola
-1986: "Jazz daimyo" di K. Okamoto
-1986: "Round midnight" di B. Tavernier
-1988: "Bird" di C. Eastwood
-1988: "Chet's romance" di B. Fèvre
-1989: "Let's get lost" di B. Weber
-1990: "Hot spot" di D. Hopper
-1990: "Taxi blues" di P. Lounguine
-1992: "Texas tenor: the Illinois Jacquet story" di A. Elgort
-1994: "Le nouveau monde" di A. Corneau
-1999: "Sweet and lowdown" di W. Allen
-2003: "Il disco del mondo" di R. Malfatto

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