Non è mai di troppo l’ennesima ristampa di Ella Fitzgerald, soprattutto quando si tratta di un capolavoro come ''Sing The Cole Porter Songbook'' (quest’anno riproposto anche da Essential Jazz Classics e distribuito da Egea ), primo capitolo - siamo nel 1956 - dei songbooks che il produttore Norman Granz stava predisponendo per la Verve con il magistrale accompagnamento dell’orchstra diretta da Buddy Bregman. Ella Fitzgerald i grandi compositori americani gli ha presi di petto tutti. Negli anni Cinquanta ha inciso opere monumentali, dedicate a Ellinghton e Berlin, ognuna con trenta o più canzoni, pubblicando all’epoca fino a tre long playing in una sola confezione. Tutti capolavori. Con Cole Porter va a nozze come con Count Basie o Louis Armstrong. Cantante di razza che manda a memoria partiture anche complesse come fossero poesiole di seconda elementare, Ella chiedeva sempre, alla fine di ogni registrazione: ''Ho detto tutte le parole giuste?''. E la risposta che arrivava dallo studio era, invariabilmente: ''Perfetto, Miss Fitzgerald!''. Ma lei aveva quel vezzo, ogni volta, quella paura di aggiungere o togliere, nell’enfasi dell’interpretazione, qualche parola a quelle composizioni per le quali nutriva un rispetto enorme.
Ella Fitzgerald Sings The Cole Porter Song Book [Disc1] & [Disc2] |
Quando decise di immortalare su disco le meravigliose ''assonanze'' di Cole Porter, la Fitzgerald aveva già alle spalle ventidue anni di carriera e una mole di incisioni che molti artisti non riescono a portare a termine neanche in un intera carriera. Qui, ancora una volta, stupiscono la leggerezza e la semplicità con cui Ella si fa portavoce di un repertorio ancora oggi seminale. La cantante ha il dono di aggiustarsi addosso qualsiasi melodia, e lo fa con una grazia e un’eleganza che lasciano sbalorditi ad ogni ascolto, anche dopo più di cinquant’anni. A differenza di tante jazz singers che forzano le note (e le partiture) nel tentativo di personalizzare una canzone, Ella opera con naturalezza e delicatezza mettendo la sua voce (che ha del divino) a servizio della canzone stessa. Eppure anche così, senza cambiare la struttura, riesce a farle sue, a scolpire il suo nome in maniera indelebile in quei titoli, accanto ai nomi dei compositori. Cosicchè la sua diventa, inevitabilmente, una versione di riferimento se non, come è spesso è accaduto nei suoi decenni d’oro, adirittura quella definitiva. Scegliere la migliore tra le canzoni di dei due dischi è sciocco, perché questo è un lavoro che si inghiotte tutto con ingordigia e si rimangia anche il giorno dopo e, senza riscaldarlo, di settimana in settimana per una vita. Perfetto, Miss Fitzgerald!
GRANDE ELLA!!! 8-)
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