Clifford Brown And Max Roach: Study In Brown (Emarcy, 1955) |
Dopo averlo ampiamente nominato nel post precedente (dedicato alla voce sublime di Sarah Vaughan) diventa a questo punto francamente impossibile non occuparsi, per quanto poco, di una figura chiave nell'ambito jazzistico come il mitico trombettista Clifford Brown. Brown iniziò giovanissimo la carriera professionale militando con le orchestre di Tadd Dameron e Lionel Hampton, con il quale effettuò una lunga tournee in Europa. Nel 1953 incise i primi dischi a suo nome e nel 1954 avvenne l’incontro con il grande Max Roach con il quale formò lo storico quintetto insieme al sassofonista Harol Land che poi lasciò il posto a Sonny Rollins. Fino al 1956 anno della prematura morte di Clifford Brown (ventiseienne e a causa di un' incidente stradale), la formazione incise molti album decretando l’ingresso ufficiale dello stile hard bop nel jazz. Stimato da tutti, il musicista lasciò una manciata di titoli destinati a influenzare chi sarebbe venuto dopo. Lo stile di Brown, legato a maestri come Dizzy Gillespie e Fats Navarro prosegue con incredibile sicurezza la strada del bebop, aprendone i lati oscuri e regalando un fraseggio scorrevole, sciolto, pieno di swing e di tecnica fantasiosa. Rimane da pensare che se la sua vita non fosse stata irrimediabilmente stroncata da quell’incidente automobilistico, avrebbe condotto il jazz verso chissà quali orizzonti. In ventisei anni, tuttavia, Clifford Brown influenzò un’intera generazione di trombettisti (da Lee Moragan a Donald Byrd, da Booker Little a Freddie Hubbard) e tuttora viene ricordato dai colleghi come mirabile modello tecnico ed espressivo. Nel disco che il Giardino presenta, ''Study In Brown'' (Emarcy, 1955) è con un quintetto dove svetta la fantasia della batteria del citato Max Roach, che asseconda al meglio l’estro di un Brown magistrale nei soli e nel fraseggio carico di swing, capace di inaspettate aperture melodiche. Musica irrinunciabile.
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