domenica 15 marzo 2009

Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio al di fuori di me

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E' belella assaie Vanessa. Quando si mette le calze nere e la gonna corta di pelle pare proprio 'na femmina. Quando si trucca con la matita sotto gli occhi e se n'esce con le scarpe coi tacchi, è roba che fa girare la testa, pure se tiene quattordici anni, pure se ride come a 'na criatura. Io ce lo dico sempre:
''Vanè, si' troppo bella''.
''Che si' geloso?'' risponde.
Sì, è overo, so' geloso. E' normale. Ma il fatto non è questo. Il fatto è che lei è troppo appariscente, ogni giorno che passa si fa più bella, e prima o poi succede una questione, o' saccio, ma non ce lo dico pecchè nun voglio fa verè che sto preoccupato.

Papilù statte accorto. Papilù vire 'e nun fà guaie. Papilù, siente a me, nun t'ammischià. Papilù, chi t'o fa fà, tu sì 'nu buono guaglione. Papilù, p'ammore d' a Maronna.

Io, considerati i tempi, mi sento un tipo responsabile, e la fine di mio padre che sta a Poggioreale tre mesi sì e uno no, ho deciso che non la voglio fare.
Studio, il pomeriggio lavoro dentro un bar a portare i caffè, e cerco di non prendermi questioni con nessuno, soprattutto con quelli che lavorano per Giggino Mezzanotte, che comanda tutti i vicoli qua intorno e lo chiamano Mezzanotte perchè ci piace la vita notturna. A Giggino Mezzanotte lo portano in palmo di mano come a un Dio, perchè una maniera o l'altra in tanti si abbuscano qualcosa per mezzo suo. Chi a spacciare, chi a nascondere la roba e chi le armi, chi a vendere il falsificato, chi a prendere una fatica in qualche cantiere o dentro alle imprese di pulizia. Io, se posso, a Giggino Mezzanotte non ci voglio chiedere niente nè ora nè mai, perchè una volta che sei entrato dentro al sistema sei fottuto e non decidi più niente della tua vita. Decide lui al posto tuo, ti dice quello che devi fare e non devi fare, e se non vuoi stare alle regole lui sicuro t fa sparare in testa. Perchè è così che qua funziona. A te ti danno una pippata di tabacco ogni tanto, per far vedere, per tenerti buono, per illuderti che prima o poi ti spetta una vita normale. E intanto si mettono i milioni sopra alla banca, si comprano i motoscafi e le macchine potenti, si costruiscono le ville blindate e si fanno gli interessi loro, questo si fanno, alla stessa maniera dei politici , che dicono tante belle parole e poi ci azzuppano a tutto andare. Sono anche peggio quelli, che pensano solo ai voti e alla maniera di guadagnarci sopra. E ogni tanto, quando i morti sono troppi, quando i giornali si mettono a scrivere, mandano la polizia per fare cinque sei arresti, per buttare fumo negli occhi, per farsi belli alla televisione, pe' fà verè che si preoccupano. Ma stai sicuro che non si preoccupano. Non gliene fotte niente. Niente. Per loro siamo la monnezza del mondo. Questo siamo. Monnezza. Però a diciassette anni non c'è la fai più a portare i caffè facendo finta di niente, perchè poi finisce che ì caffè li porti tutta la vita. E la vita mica aspetta a te e ai caffè che porti, stai fresco che ti aspetta. E non sai come devi fare, non sai da che parte cominciare. Ti sforzi di tenerti lontano dai guai, di studiare, ma tanto lo sai che dopo, qua, lavoro non ne trovi. Mettiamo per esempio che io voglio fare il meccanico. Mi voglio aprire un'officina. Riesco pure a trovare i soldi per aprirla. E dopo che me la sono aperta sai che succede? Che arriva qualcuno e dice: ''Papilù, se vuoi lavorare tranquillo, mi devi dare un tanto a mese''. Garantito che succede. E tu ce lo vuoi pure dare quello che ti hanno chiesto, perchè vorresti vivere tranquillo e restare fuori dai problemi, sai che non è giusto però ce lo dai quel tanto al mese. Ma non basta, non basta mai. Sono come le zoccole, che prima stavano 'nzerrate da dentro e mò si sosciano al sole perchè non tengono paura più di niente. Sono come le zoccole, che più mangiano e più gli viene fame perchè ci hanno preso gusto. Così si arriva il momento che ti chiedono di più, sempre di più. E allora che fai? Chiami la polizia? E che ci dici alla polizia? ''Scusate, tengo le zoccole sotto casa che si stanno sosciando, non è che potete venire a dare una pulita?''. Se chiami la polizia hai finito di campare. Bene che va ti sparano nelle cosce mentre torni a casa. E dopo ti appicciano l'officina. Perciò l'officina non te la puoi aprire. E allora dimmelo tu che devi fare. Che devi fare? Intanto sei giovane. Tieni gli ormoni a mille. Tieni l'energia che ti esce dalla pelle. Non puoi aspettare. Non puoi sempe fà fint' 'e niente.

Papilù statte accorto. Papilù vire 'e nun fà guaie. Papilù, siente a me, nun t'ammischià. Papilù, chi t' o fa fà, tu si' nu buono guaglione. Papilù, p'ammore d' 'a Maronna.
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Prima di scendere mi sono fatto venti flessioni, prima sul braccio destro, poi ull'altro. Dopo mi sono bagnato i capelli con la gelatina, mi sono messo il coltello dentro alla tasca dei jeans e la piastrina di metallo al collo, che la tengono tutti quanti qua, con scritto sopra nome e cognome, la data di nascita e il gruppo del sangue. Io sul rovescio ci ho fatto segnare il nome di Vanessa.
Mentre uscivo mia madre ha detto:
''Papilù torna presto''.
Io non l'ho risposta. Mi fa pena mia madre. E' giovane, è 'na bella donna ancora e deve campare come a 'na suora perchè questa è la regola. Perchè così ha deciso Giggino Mezzogiorno e quelli come a lui. E così devi fare.
Sono uscito, ho accceso il motorino e sono andato a prendere Vanessa.

Vanessa sta 'no schianto stasera. Tutta in tiro come a 'na bambola, con i capelli biondi che odorano alla mela e il profumo Vanitì che mi arrapavo pure s'ero cecato.
Me la bacio sulla bocca.
''Vanè, si troppo bella''
''E jà, nun fà 'u geloso''
Sale sul motorino. Si stringe addosso e ci avviamo. E' sabato. Di solito usciamo il venerdì, perchè è più tranquillo e non ci stanno problemi. Ce ne andiamo al disco-pub o in discoteca a sentire l'hip-hop. Il venerdì vai sicuro. Nessun problema. Gente normale che si vuole solo divertire. Però lei vuole uscire di sabato. Io la capisco. Tutte le amiche sue escono di sabato. Il sabato è un'altra cosa. Ci sta più ammuina, l'adrenalina te la senti addosso già per strada, e dentro ai locali stanno schizzati ancora prima che comincia. Perciò non lo sai mai bene che incontri fai e che ti può capitare. Per un po' ho trovato qualche scusa, però ho sentito che si stava raffreddando. Così stasera ce ne andiamo dalle parti Pozzuoli a sentire house-music.


La discoteca è ancora mezza vuota. Quelli che ci stanno mi pare gente a posto. So' quasi tutte coppie. Le coppie non danno fastidio. Ci sta pure un gruppo di ragazze da sole. E tre o quattro che fanno i buffoni per farsi guardare. Sto più rilassato. Ci mettiamo a ballare.

Nun parlà che parl' a fa?
Tu 'a penzà sul' a ballà.
Allora abballa e nun penzà,
aballa senz' 'e te fermà.

''Che dici, Vanè, ci beviamo una cosa?''.
''Che?''.
''Ci beviamo una cosa?''.
''Non ho capito''.
''Vuoi bere?''.
''Dopo, mò balliamo''.
Vanessa ride. Balla. Ride. Si muove sopra ai tacchi come a 'na gazzella. Leggera. Svelta. Strizzata dentro alla gonna di pelle. Strizzata dentro al top di cotone. Come il ripieno da dentro ai cannelloni. Come a una percoca che te la vuoi mangiare a morsi. Ride. Se n'è accorta che tengo gli occhi azzeccati addosso a lei. Ride. Si muove più svelta.
''Vanè, sei la fine del mondo''.
''Che?''.
''Sei la fine del mondo''.
''Che hai detto?''.
''Sei bellissima''.
Ride. Continua a ballare.
Le luci si accendono e spengono. Luce. Buio. Luce. Buio. Gli occhi di Vanessa s'illuminano. Si chiudono. Tornano a illuminarsi. Luce. Buio. Luce. Buio. Fa due giri su se stessa, come a 'na trottola. I capelli pare che diventano un'onda azzurra. Rossa. Verde. Di nuovo azzurra.

Nun penzà che pienz' a fa?
Tu ' a penzà sul' a sfucà.
Allora abballa a lassa stà,
abballa senza prutestà.

''Papilù, tengo sete''.
''Che?''.
''Tengo sete''.
''Che hai detto?''.
''Voglio bere''.
''E beviamo''.
Ce ne andiamo verso il bar, passando attraverso alla gente, che mò la discoteca è quasi piena. Dalle casse la musica esce sparata. Te la senti dentro alla pancia che fa quasi male.
''Vai, abballate, dateci dentro'' allucca il disc-jokey alzando a palla il volume. Le luci un'altra volta si accendono e si spengono.

Nun magnà che magn' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfizià.
Allora abballa e nun scuccià,
abballa senz' 'e te fermà.

''Che vuoi?''.
''Una coca''.
''Ci vuoi il whisky da dentro?''.
''Eh proviamo''.
''Due whisky e coca per favore''.
Sta in piedi vicino al bancone. Col sudore che la copre tutta e il top mezzo bagnato che si azzecca addosso. La bacio sopra all'orecchio. Ride. Butta la testa all'indietro. La bacio sul collo. Sopra alla bocca. Lingua contro lingua.
''E come stai 'nfuocato!''.
''Mi fai morire, Vanè''.
Ride. Si beve un po' di whisky e coca. Ondeggiando piano, a tempo con la musica.
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Nun parlà che parl' a fà?
Tu 'a penzà sul' a ballà.
Allora abballa e nun penzà,
abballa senz' 'e te fermà.

''Ci fumiamo una sigaretta?''
Fa di sì con la testa.
Ce ne usciamo fuori con i bicchieri.
Fumiamo.
''Il sabato è 'n 'ata cosa'' dice.
''Ti piace?''
Fa di sì con la testa.
Me la bacio un 'altra volta.
Fumiamo.
Do un' occhiata all'orologio.
''Oh, è quasi mezzanotte'' dico.
''Facciamoci un giro ancora'' risponde.
''Tua madre non dice niente?''
Alza le spalle. Butta la sigaretta per terra. Ci finiamo il whisky e coca. Torniamo dentro.

Nun penzà che pienz' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfucà.
Allora abballa e lassa stà,
abballa senza prutestà.

E' pieno come a un uovo. Sulla pista da ballo quasi non si trova posto. Mentre stiamo a cercare d'infilarci, uno mi sbatte addosso con la spalla. Forte. Lo guardo. Tiene l'occhiale a specchio. Il cappellino con la visiera girato all'indietro. Dice:
''Ti ho fatto male?''
''Quando mai'' dico.
''Tiene un bel culo la tua ragazza'' dice.
Lo guardo un momento.
Papilù statte accorto. Papilù vire 'e nun fà guaie. Papilù, siente a me, nun t' ammischià. Papilù, chi t' 'o fa fà, tu si' 'nu buono guaglione.
''Lo so'' rispondo.
Raggiungo a Vanessa che sta già ballando. Mi metto a ballare insieme a lei.
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Nun magnà che magn' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfizià.
Allora abballa e nun scuccià,
abballa senz' 'e te fermà.

''Che voleva quello?''.
''Chi?''.
''Quello''.
''Ma chi?''.
''Quello co' l'occhiale scuro?''.
''Ah. Niente''.

Nun parlà che parl' a fà?
Tu 'a penzà sul' a ballà.
Allora abballa e nun penzà,
abballa senz' 'e te fermà.

'' Mi gira un po' la capa'' dice.
''Ti senti male?''.
Fa di no con la testa. Si ferma un momento.
''Mi gira'' dice.
Ride. M'infila una mano sotto alla maglietta.
''Mi vuoi bene?'' chiede.
''Assai''.
Ride un'altra volta. Si rimette a ballare.

Nun penzà che pienz' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfucà.
Allora abballa e lassa stà,
abballa senza prutestà.

''Sta qua'' dice Vanessa.
''Che?''.
''Sta qua''.
''Ma chi?''
Con la testa fa segno dietro di me. Mi giro. Il tipo con l' occhiale scuro sta ballando a un metro da noi. Mi guarda con un sorriso a sfottere. Fa un giro su se stesso battendo le mani due o tre volte. Poi scende sulle gambe fino a sfiorare il pavimento. Si passa la lingua sulle labbra. Pare mezzo indemoniato. E mentre balla la piastrina gli batte sopra al petto.
''Jammuncenne'' dico.
''Che?''.
''Mò ce ne andiamo''.
''Ma perchè?''.
''Jà, muoviti''.
La stringo per il braccio e me la porto appresso. Sembra che l'uscita non arrivi mai.

Nun magnà che magn' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfizià.
Allora aballa e nun scuccià,
abballa senz' 'e te fermà.

Finalmente stiamo fuori in mezzo alla strada.
''Ma che tieni?'' dice.
''E' tardi''.
''Ma quando mai''.
''Prendo il motorino e ce ne andiamo'' dico.
Faccio tre metri e la porta della discoteca si apre. Dalla porta esce quello con l'occhiale a specchio. Appresso a lui altri due. Coi cappellini girati all'indietro pure loro.
''Che te ne vai già?'' dice a Vanessa.
''E a te che te ne importa?'' risponde lei.
Lui ride. Ridono pure gli altri due.
Mi avvicino a Vanessa.
Lui mette la mano dentro alla giacca. Io metto la mano sopra al coltello. Dalla tasca della giacca tira fuori un pacchetto di sigarette. Sorride un' altra volta. Nel buio vedo il bianco dell'orecchino suo che brilla.
''Vuoi fumare?''
''Non fumo'' risponde Vanessa.
Si mette una sigaretta in bocca. Abassa un poco l'occhiale a guardarla. Dice:
''Perchè non mandi il tuo amico a dormire e resti qua con noi?''.
Di dentro alla discoteca si sente la musica che rimbomba.

Nun parlà che parl' a fà?
Tu 'a penzà sul' a ballà.
Allora abballa e nun penzà,
abballa senz' 'e te fermà.
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Penso: ora o mai più. Se lo faccio ora c'è ancora una possibilità. Se lo faccio allargare troppo sono fottuto. Dico:
''Perchè non te ne torni dentro con i tuoi amici a ballare?''.
Per un momento resta sorpreso. Non se l'aspettava. Non mi credeva capace. Apre e chiude gli occhi due o tre volte.
''Come hai detto scusa?''
Dentro alle lenti scure vedo l'insegna della discoteca che si riflette.
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Nun penzà che pienz' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfucà.
Allora abballa e lassa stà,
abballa senza prutestà.

Mi prendo a Vanessa per mano e me la tiro via.
''Arò vai?'' dice il tipocon l'occhiale a specchio.
Fa un passo verso di noi.
Tiro fuori il coltello: ''A dormire''.
Si passa la lingua sulle labbra. Sicuro sta impasticcato fino al culo.
''Questo non lo dovevi fare'' dice.
Nella mano sua compare il coltello. E gli altri due come a lui, con il coltello in mano. Vanessa si nasconde dietro a me. Si mette a tremare.
''Facciamo così','' dice ''ci lasci la ragazza e te ne vai senza che ti facciamo niente''.
''Vaffanculo'' dico.
''Non ho caito bene'' dice.
''Vaffanculo'' ripeto.

Nun magnà che magn 'a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfizià.
Allora abballa e nun scuccià,
abballa senz' 'e te fermà.

Butto l'occhio a destra e a sinistra, vedo gli altri due che mi girano attorno. Un passo alla volta mi stanno mettendo in mezzo. Vanessa che si stringe sempre più addosso. Quello con l'occhiale a specchio pronto a colpire. Penso che mi sono ficcato in un bel casino. Che questa volta finisce proprio male.
''Allora che vuoi fare?'' dice.
Se riesco a colpirlo per primo può essere che ancora c'è una possibilità. Può essere che gli amici suoi si stanno e mi lascino perdere. E' difficile, ma non tengo alternative. Con il braccio sposto Vanessa un po' indietro. Stringo il coltello più forte. Mi fa male la mano.

Nun parlà che parl' a fà?
Tu 'a penzà sul' a ballà.
Allora abballa e nun penzà,
abballa senz' 'e te fermà.

''Uè, Papilù, e tu che ci fai qua'?'' dice una voce.
Una voce che esce da dentro al buio. Che per un momento tutti rimaniamo fermi. Con i coltelli in mano. Con il sangue che pulsa dentro ai muscoli. Con la musica che continua a pompare.
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Nun penzà che pien' a fà?
Tu 'a penzà sul' a sfucà.
Allora abballa e lassa stà,
abballa senza prutestà.

''Papilù, tieni problemi?'' dice la voce.
E da dentro al buio esce Giggino Mezzanotte. Tutto acchittato e sorridente. Con le scarpe di vernice e la giacca buttata sopra al braccio. Insieme a due femmine mezzo annude, e i guardaspalle che sono una montagna.
Mi appoggia la mano sopra al gomito. Tranquillo.
''Tutto a posto, 'uagliò?'' dice.
Quello con l'occhiale a specchio si mette il coltello in tasca. Lo stesso fanno gli amici suoi. Senza una parola se ne tornano dentro alla discoteca.
''Si'' dico ''Si, tutto a posto''.
''Bravo'' dice.
Mi batte la mano sulla spalla.
Mentre si avvia verso l'ingresso del locale, dice:
''Una volta di queste dobbiamo parlare io e te''.
''Va bene'' rispondo.
Si gira a guardarmi.
''Domani alle undici passa a trovarmi, lo sai dovesto, no?''.
''Si,'' dico ''lo so''.
''Ti aspetto domani'' dice.
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Andrej Longo, Dieci (Adelphi, 2007)

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