mercoledì 31 marzo 2010

I sing amore forever!


In rete stà girando la notizia: Nicola Arigliano ci ha lasciati. Quando ebbe successo, ricordò che i genitori non possedevano neanche una radio per sentirlo..... ciao volto triste, grande e umile artista, anche tu ti porti via un pezzetto della nostra storia..



Aprofitto di questo spazio anche per ricordare, il 10 di questo stesso mese, la scomparsa di un altro grande ''vecchio'': Peter Van Wood. Altro che astrologo della domenica. Negli anni Cinquanta e Sessanta imperversava con la sua chitarra nei night club italiani e europei. Non solo: Van Wood, olandese, è stato tra i primi chitarristi in Europa ad aver filtrato lo strumento attraverso eco e riverbero creando effetti pazzeschi per l'epoca. Il suo nome si è legato a quello di Renato Carosone con cui si esibì a partire dal 1949. La storia di Van Wood è tutta concentrata nel cd ''Tre numeri al lotto e altri successi'' (Warner Fonit, 2000) in cui, oltre al pezzo del titolo, spiccano: Butta la chiave (in cui con la chitarra effettata imita la voce della dama che non vuole buttare la chiave e farlo entrare in casa, video sotto), Spaghetti cha cha cha e un travolgente Quando, quando, quando. Ultraloungissimo.



Perle Flamenco # 3: Manolo Sanlúcar

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Manolo Sanlucar è uno dei nomi di capitale importanza nella storia del flamenco contemporaneo. Con Paco de Lucia e Serranito,rivoluziona la chitarra flamenco del XX secolo. La sua capacità di innovare e la ricerca continua di nuove possibilità lo portato a comporre con un marcato accento personale, sempre legato a quella che lui chiama musica colta, ma senza mai rinunciare ai sapori andalusi, affermandosi nella sua lunga carriera non solo come strumentista privilegiato, ma anche come creatore. La sua straordinaria tecnica e una considerevole ricchezza tematica segnano una nuova tappa nella produzione flamenca, nel doppio aspetto musicale e interpretativo, nella forma e nell'espressione. La sua è una lezione di chitarra, di mestria, di arte.
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Nato a Sanlúcar de Barrameda in provincia di Cadice nel 1943 (vero nome Manuel Muñoz Alcón), viene iniziato alla chitarra dal padre, Isidro Muñoz, la cui abilità gli vale il soprannome di ''el tocador'', il suonatore. Debutta come professionista a tredici anni e poco dopo, già a diciotto, comincia ad elaborare il suo stile personale. Accompagna molti grandi artisti come La Paquera de Jerez, María Vargas, Porrina de Badajoz e Agujetas. Negli anni Sessanta si unisce all'elenco del tablao madrileño Las Brujas e inizia a registrare i suoi primi dischi come solista. Dopo una produttiva collaborazione con Enrique Morente, Sanlucar non ha ancora vent'anni quando compone la sua trilogia Mundo y formas della chitarra con la quale raggiunge la sua piena maturità artistica, anche se è probabilmente la rumba Caballo negro a dargli maggiore notorietà.
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Della sua lunga discografia, dal 1968 ad oggi, vale la pena ricordare Medea (1987) e Soleá (1989), composte per il Balletto Nazionale di Spagna, Tauromagia (1988), una pietra miliare della musica flamenca di cui ci occuperemo tra poco, Aljibe (1992) poema sinfonico che debuttò con l'Orchestra Sinfonica di Malaga e Locura de Brisa y Trino, del febbraio del corrente anno, scritto sulle poesie di Federico García Lorca ed eccezzionalmente interpretato da Carmen Linares. E' l'autore della Gallarda di Rafael Alberti, con la quale si sono inaugurate le attività di EXPO '92 a Siviglia. Inoltre ha diretto le musiche del film Sevillanas di Carlos Saura, e la Royal Philharmonique of London per la realizzazzione della colonna sonora di Viva la blanca paloma, documento sul noto pellegrinaggio della Romería del Rocío. Ultimamente ha composto la musica dello spettacolo di Sara Baras, Mariana Pineda. Molti i riconoscimenti ottenuti: è stato premiato dalla cattedra di flamencologia di Granada, da quella di Jerez, dalla Jiunta de la Unión; premio nazionale a Cordova; premiato più volte a Madrid (primo musicista a portare il flamenco al Teatro Real), poi negli Stati Uniti e, ancora dall' Asociación Critical National de Arte Flamenco ecc. In virtù di questa straordinaria traiettoria artistica nel 2001 Sanlucar ha ricevuto il riconoscimento più grande, il Premio Nacional de Musica.
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MANOLO SANLUCAR
''Tauromagia''
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Download qui o anche qui
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Tauromagia è una peculiare visione della lidia attraverso le sei corde della chitarra. Sanlucar mette in musica tutti i momenti che compongono la Fiesta Nacional , dalla nascita del toro fino all'uscita trionfale del torero dalla porta grande. Alle chitarre di Manolo Sanlucar e Vicente Amigo, si uniscono le voci di Diego Carrasco, José Mercé, El Moro e la Macanita, più le percussioni di Tino Geraldo ... fino a un totale di ben quaranta musicisti che intervengono a turno in questo lavoro, contribuendo a esaltare le superbe composizioni di Sanlucar. Il fatto che io non condivida il mondo ''taurino'' non mi impedirà certo di esprimere un giudizzio prettamente musicale dell'opera: un capolavoro.
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martedì 30 marzo 2010

Perle Flamenco # 2: Pepe Habichuela

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Pepe Habichuela appartiene a una delle grandi dinastie del flamenco, gli Habichuela, appunto, nonchè a quella generazione di artisti, come Paco de Lucia, Camaron de la Isla, Enrique Morente, Manolo Sanlucar ..., che ha aperto il cammino ai giovani flamencos di oggi e propiziato l'enorme diffusione di quest'arte in tempi più recenti. Nel percorso artistico di Pepe si percepisce con nitidezza la sorprendente evoluzione del flamenco negli ultimi anni. Lui intanto continua a tramandare i suoi saperi a figli e nipoti (tra gli altri Raimundo Amador e José Soto 'Sorderita', componenti del gruppo Ketama). I primi passi professionali Pepe li fa nelle ''cuevas'' (grotte) di Sacromonte, ma poco dopo si trasferisce a Madrid e in quei tempi accompagna Pepe Marchena e Juanito Valderrama. E' però la stretta collaborazione con Enrique Morente, negli anni Settanta, a marcare un netto cambio di rotta nella sua carriera, e insieme i due scoprono un nuovo mondo di armonie che plasmano in coppia in lavori storici come ''Despegando'' e ''Homenaje a D. Antonio Chacon''.
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Il suo primo lavoro in solo ''A Mandeli'' (1983) è distribuito in tutto il mondo e il successivo ''Habichuela en Rama'' (1997) viene registrato in collaborazione con il figlio José Miguel Carmona (Ketama). Inoltre Habichuela suona in duo con il grande trombettista americano Don Cherry, una leggenda del jazz e uno dei primi teorici della fusione. L'ultimo fondamentale capitolo di questa traiettoria innovativa è la coesione tra il flamenco e la musica classica indiana di Yerbagüena (2001), disco spettacolare, nato da un progetto portato avanti con il musicista indo-britannico Nitin Sawhney.
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PEPE HABICHUELA & THE BOLLYWOOD STRINGS
''Yerbagüena'' (Nuevos Medios, 2001)
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Tracklist (6 brani): da questa parte
Dwl: qui; oppure qui (part.1), qui (part.2) e qui (part.3)
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Che le più profonde radici del flamenco arrivassero fino in India era già più che una teoria. Questo disco la mette in pratica. Un lavoro registrato tra Bangalore (India), Barcellona e Madrid con l'orchestra indiana Bollywood Strings diretta dal violinista Chandru. Gli stessi musicisti alla fine rimasero stupiti della totale armonia spirituale della musica indiana tradizionale con il flamenco di Pepe, che comunque in alcuni brani si spoglia dell'orchestra tornando al flamenco più strettamente classico fatto di sola chitarra e cante. Un disco magistrale. (P.S.: ''Oriente'', minuto 2:48, spunta quella voce ... ed è estasi)
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Perle cubane # 4/Perle flamenco #1: Lagrimas Negras

Diego El Cigala e Bebo Valdés

 
DIEGUITO EL CIGALA

Come altri cantaores anche Diego El Cigala comincia cantando per strada e nelle cosidette peñas flamencas, e la sua grande capacità di marcare il ritmo lo convertono presto in uno dei migliori accompagnatori di baile (ballo) flamenco. Così, assieme ad artisti d'alto livello come Mario Maya, Faíco, Farruco, El Güito, Manuela Carrasco, Cristóbal Reyes, Carmen Cortés o Manolete, inizia a calcare i palcosceni di mezzo mondo, fino a quando, nel 1994, non decide di ''saltare avanti'', che nel gergo flamenco significa ''mettersi in proprio'', invece di accampagnare qualche ballerino. Dieguito (come preferisce essere chiamato) dimostra subito le sue notevoli capacità di dominare le forme tradizionali del flamenco con interpretazioni semplici, ma allo stesso tempo magistrali. Inizia a collaborare a diversi progetti e divide il palco con altri grandissimi artisti come Enrique Morente, José de la Mercé, Parrita, Gerardo Nuñez, Tomatito, Ketama, Vicente Amigo, Montse Cortés e Elena Andújar. A un certo punto, però, decide che è arrivato il momento di guardare ancora più avanti: ''O canti brani tradizionali tutta la vita, e sei un interprete ortodosso, o provi a spingerti oltre e non ti accontenti della favola che già stai vivendo. Credo sia possibile portare gli antichi ''cantos'' ai giorni nostri, riadattarli con qualcosa di nuovo e fresco, illuminarli da un un altra prospettiva. E' a questo che miro''.


DIEGO EL CIGALA & BEBO VALDES
''Lagrimas Negras'' (Rca, 2003)
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Così, con il disco ''Corren Tiempos de Alegria'', Cigala inizia a mischiare il canto puro con altri stili musicali, inaugurando di fatto un percorso che lo porterà, tra le altre cose alla magnifica collaborazione di ''Lagrimas Negras'' (RCA, 2003) in coppia con il grande pianista cubano Bebo Valdés (classe 1918), lavoro in cui bolero e flamenco si fondono com maestria, e dove la voce ruvida di El Cigala e il piano di Valdés si incontrano nell'interpretazione di ritmi apparentemente lontani, ma che invece trovano un feeling sorprendente e meraviglioso. Cigala canta bolero, tango e copla, mentre Valdés (coadiuvato anche dal sax del maestro latin-jazz Paquito D'Rivera e dalle percussioni di Changuito) accompagna con il piano versioni di (già) consacrati classici: ''La bien paga'', ''Lagrimas Negras'', ''Nieblas del riachuelo''.... Brividi. 

Perle Cubane: Maria Teresa Vera

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MARIA TERESA VERA
''The Cuban Legend'' (Edenways)
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Download: Part 1 & Part 2
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La compilation di questi 24 successi di Maria Teresa Vera (1895-1965) merita un'attenzione particolare, perchè l'artista è ambasciatrice del canto cubano più vero e più legato alla terra, e perchè sebbene il suo nome non compaia tra quello dei grandi soneros, le sue composizioni e la sua straordinaria verve di cantastorie l'hanno trasformata in una sorta di icona, di santa protettrice di tutti i grandi talenti che hanno popolato l'isola dal 1911, anno in cui la Vera debuttò al Politeama Grande, fino ai nostri giorni.
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E' incredibile che queste canzoni, che lei interpreta con disarmante semplicità insieme a Lorenzo Hierrazuelo al controcanto, suonino così moderne. Sono i suoi classici, quelli che diffondevano all'epoca Radio Cadena Suaritos e, più tardi, Radio Progreso, che diventò il mezzo di diffusione per eccellenza nell'epoca aurea della canzone cubana. Un pezzo di storia della musica dell'isola. Imperdibile.
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lunedì 29 marzo 2010

Perle cubane # 3: Casa De La Trova

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CASA DE LA TROVA
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Splendido cd pubblicato nel 1999 dalla Detour (e abbastanza difficile da reperire, credo) dedicato alla trova cubana. A Cuba in ogni città esiste un posto dove i trovatori si incontrano per cantare canzoni popolari e serenate. E' la Casa de la Trova. Aprofittare, please ...

Flor de venganza

Nel tuo orto seminai il fiore dell' amore/
e il fiore del dolore nel tuo orto incontrai
Nel tuo orto seminai la speranza/
e il tuo orto mi ha dato il fiore della vendetta
Nonostante ciò conservo il fiore traditore/
lui sa del male che mi insidia
è per te, perchè quando tu morirai/
andro a porre questo fiore nel tuo petto divino
perchè chi di spada ferisce/
un giorno di spada perirà,
ma tu hai amazzato la mia allegria/
e un bel giorno me la pagherai.

Dalle note di copertina del cd ''Casa De La Trova'':

questo rimproverano le sorelle Florecilda e Candida Faez, ridendo allo stesso tempo. Ricordo furtivo. Una goccia di rum. Si tengono per mano. Il nipotino, già sui cinquanta accompagna scandendo il tempo. Per questi baldi giovani di 50, 60, 70 e 80 anni la serenata è un modo di animare la vita. In versi. Una funzione semplice e urgente che si articola attorno al ''cinquillo'' della chiave ritmica, colonna portante, base di un tempo, quello dei trovatori (''troveros'') di Cuba.

Questa poesia del quotidiano è nata alla fine del secolo XIX dalle parti della Sierra Mestra, prima terra della rivoluzione, dove l'influenza ispanica (con i suoi boleros) e africana si scontrano e si fondono civettando anche con qualche ''manières à la francaise'' da più di tre secoli. A Santiago nessuno ha dimenticato gli autori-compositori che che forgiarono l'identità della trova: da Pepe Sanchez fino a Daniel Castillo (autore del ''Misteros de tus ojos''), da Villalon fino a Almenares, figlio di Angel, suonatore di tres, chitarra con tre corde doppie, e le sorelle Ferrin e Zaida, sacerdotesse della santeria che continuano a cantare tutte le mattine nella Casa de la Trova, uno di quei luoghi municipali che in ogni città, dai tempi della rivoluzione, accolgono i trovatori.

Essenzialmente familiare, la trova è andata via via spostandosi a Camaguey, Sancti Spiritu, Guantanamo... fino a L'Avana, dove emigrarono un buon numero di trovatori, dovuto soprattutto alle maggiori prospettive di lavoro offerte dalla capitale. I trovatori hanno prestato arie magnifiche al son, si sono ''arricchiti'' a loro volta con il bolero, con i repertori contadini (guajiras e criollas), ispirandosi, qualche volta, pure ai ''pregones'', sorta di cadenzate arringhe dei venditori ambulanti. Il colore classico di qualche orchestrazione (con la Camerata de Camaguey o il Coro Orfeon, per esempio) ricorda che a suo tempo quest'arte di strada arrivò ad ispirare compositori classici come Brindis de Salas, Moisés Simons o Felix Caignet.
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Queste composizioni sono un vero gioco di piste attraverso i piccoli libretti-tesoro nei quali ogni trovatore appunta le proprie serenate, accumulate nel corso di 20, 30, a volte 50 anni. Perchè la trova serpenteggia tra melodie di quì, sconosciute lì, dimenticate altrove, ma ognuna con le proprie storie da raccontare, a volte ironiche (di muse e rose, colombe e illusioni perse), le cui origini si raccontano come fossere del giorno prima. Questo disco emana un senso di esplorazione della memoria. E' il volto opposto della Cuba turistica, quello che guarda all'antro delle case, dove si ''lotta'' per un bemolle nella chiave. Nonostante il trovatore sia in pensione, la trova non muore mai. Le sorelle tornano a chiamarlo. Due cigarrillos, un sorso di rum ... ''flor de venganza ... me la pagaras, Porque? pero tu mataste mi alegria ...!'' lasciandici attoniti di tanta freschezza.

Tracklist: 1 - Flor de venganza (Anonymous) Florecelda Faez 1st voice & Candida Faez 2nd voive; 2 - Rosalba (Miguel Campagnoni 1881-1965) Trio Miraflores; 3 - Cajon del muerto (Angel Almenares 1902-1982) Zaida Reyte 1st voice, Alfredo Alonso 2nd voice (String arrangement: Ernesto Burgos); 4 - Ella y yo (Oscar Hernandez 1891-1967) Mercedes Ferrin 1st voice, Esperanza Ferrin 2nd voice, Choir: Orféon de Santiago; 5 - Si fuera comu tu (Carlos Manuel Delgado 1880-1950) Floricelda Faez 1st voice, Candida Faez 2nd voice; 6 - A Herminia (Miguel Campanioni 1881-1965) Trio Miraflores; 7 - El misterio de tus ojos (Daniel Castillo b. 1907); 8 - Y tú qué has hecho? (Eusebio Delfin 1893-1965) Cscarita 1st voice (String arrangment: René Faez); 9 - A una coqueta (Manuel Corona 1880-1950) Floricelda Faez 1st voice, Candida Faez 2nd voice; 10 - Tarde dominical (Eugenio Portuondo b. 1907) Mercedes Ferrin 1st voice, Esperanza Ferrin 2nd voice (String arrangement: Jorge Pujol); 11 - A la orilla del mar (Miguel Campanioni 1881-1965) Trio Miraflores; 12 - Sublime Illusion (Salvador Adams 1894-1971) Lucia Lago 1st voice, Lusson Bueno 2nd voice (Saxophone arrangement: Ernesto Burgos); 13 - Entre flores moriré (Cristobal Dale) Mercedes Ferrin 1st voice, Esperanza Ferrin 2nd voice; 14 - Si volvieras a mi (Rafael Gomes 1889-1971) Trio Miraflores.

From Africa to Hawaii

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Speriamo che quello delle foto che scompaiono nel blog (salvo poi riapparire come per miracolo) sia un problema provvisorio, perchè se così non fosse inizierebbero a girarmi velocemente, visto l'impegno, la passione e soprattutto il tempo che dedico a questo spazio. Per adesso cercherò di non pensarci, rilassandomi sulle note sublimi di ''Ocean Blues From Africa To Hawaii'' (Celluloid, 2000), dove due continenti si incontrano ai ritmi lenti, ma inarrestabili dell’oceano, che comunica e unisce in un unico abbraccio Africa e isole del Pacifico, grazie al magico incontro di due virtuosi degli strumenti a corda: l'angelica kora del guineano Djeli Moussa Diawara e i fantastici suoni glissati della chitarra del newyorkese Bob Brozman. Balsamo oceanico!


Africaraps

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•Africa Raps - [ascolta] - 01. Abass Abass feat. Daby - Africa Child
•Africa Raps - [ascolta] - 02. Bibson & Xuman - Kay Jel Ma
•Africa Raps - [ascolta] - 03. C.B.V. - Art. 158
•Africa Raps - [ascolta] - 04. Gokh-BI System - Xaesal
•Africa Raps - [ascolta] - 05. Omzo - Kunu Abal Ay beut
•Africa Raps - [ascolta] - 06. V.A. - Libre ego
•Africa Raps - [ascolta] - 07. Sen Kumpe - Lou Deux bi lath
•Africa Raps - [ascolta] - 08. Da Brains - Axirou Zaman
•Africa Raps - [ascolta] - 09. Djoloff - Metite
•Africa Raps - [ascolta] - 10. Da Fugitivz - Kepp Kui Bangh
•Africa Raps - [ascolta] - 11. Pee Froiss - Jalgaty
•Africa Raps - [ascolta] - 12. Tata Pound - Badala
•Africa Raps - [ascolta] - 13. Abass Abass - Urgence
•Africa Raps - [ascolta] - 14. Les Escrocs - Pirates
•Africa Raps - [ascolta] - 15. BMG 44 - Xam
•Africa Raps - [ascolta] - 16. Positive Black Soul - Boul Ma Mine
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Una chicca: ''African Raps'', compilation pubblicata nel 2002 dall'eccentrica Trikont, è una competente selezzione di brani di gruppi rap di Senegal, Gambia e Mali, che mette in fila alcuni misconosciuti brani di hip-hop usciti all'epoca solo su cassetta nei rispettivi paesi d'appartenenza. In Africa il rap ha cominciato a diffondersi con le cassette dei guppi americani negli anni Ottanta, ed è stato poi imitato e rielaborato in chiave locale, in un processo favorito dalla agevole sintonia con i suoi stili ritmici, dalla affinità del rap con la tradizione orale, dalla possibilità di realizzarlo con pochi mezzi (uno innanzitutto, alla portata di chiunque: la parola) e molta di quell'arte di arrangiarsi assai familiare (come il riciclo creativo di materiali già esistenti, tanto diffuso nell'hip hop) all'Africa nera, dalle analogie con con le condizioni di emarginazione e ghettizzazione di molti giovani neroamericani. La confidenza con l'hip hop è arrivata al punto che in alcuni paesi, come la Costa d'Avorio o il Senegal, il rap è diventato un elemento privilegiato di aggregazione e un fattore fondamentale di identità per i giovani. Inoltre non è certo la prima volta che l'Africa si riprende, in qualche modo, quello che ha contribuito in maniera decisiva a generare. Un precedente clamoroso è stato quello della musica afrocubana: sono molti i paesi dell'Africa che hanno attraversato la loro sbornia di musica cubana. Da questa ubriacatura è nata addirittura la musica moderna più popolare nel continente nero nel secondo dopoguerra, la rumba congo-zairese, e in Senegal, come in Guinea decenni fa la musica afrocubana fu uno shock per molti pionieri della nuova musica africana.
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Young kora

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I Ba Cissoko sono originari della Guinea, e più precisamente provengono dalla capitale Conakry. Mescolando elementi della tradizione mandinga e il canto griot con tocchi rock, reggae e funk, ottengono una combinazione a mio avviso davvero spettacolare. Il sound portante della band e di questo disco, ''Sabolan'' (Marabi, 2004) è costituito da un tappeto di percussioni e da un modo particolare di impigare la kora (sempre lei!), con Sekou Kouyate che si diverte a portare un po' di freschezza giovanile allo strumento elettrificandolo e effettandolo a suo piacimento (flanger, distorsioni, riverberi...) guadagnandosi per questo l'onore di essere stato più volte indicato come il ''Jimi Hendrix Africano''. Il paragone è certamente esagerato, ma sulle doti di virtuoso di Kouyate non si discute. Provare per credere.
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domenica 28 marzo 2010

New York melting pot

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HAZMAT MODINE ''Bahamut'' (Barbes, 2006)
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Visto che ci sono, voglio concludere questa serie di post dedicati alle rievocazioni blues, r&b, rock'n'roll... facendo riferimento a un disco molto, ma molto interessante, oltre che estremamente godibile, uscito ormai quattro anni fa, e passato tristemente abbastanza inosservato dalle nostre parti: ''Bahamut'' degli americani Hazmat Modine. Leader di questa band composta di nove elementi è Wade Schumann, artista ebreo sfaccettato e versatile, proveniente dal mondo della pittura e docente d’arte a New York. Wade suona l’armonica da quando aveva 10 anni ed è un maestro del primo blues e degli stili musicali degli anni Venti e Trenta.
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Con gli Hazmat Madine, Weinstein fa concerti soprattutto nei locali del Village, a New York (ma la band è passata anche per l'Italia) e i suoi spartiti si ispirano al blues, al jazz, allo swing di New Orleans, al country, alla musica klezmer, gipsy e giamaicana, ma anche a quella turca, araba e indiana: un vero e proprio melting pot (con Tom Waits dietro l'angolo) che porta una ventata fresca nei generi musicali tradizionali anche attraverso un impiego estroso degli strumenti: due armoniche scoppiettanti, al pari della tromba e dei suoni bassi della tuba, più le esecuzioni alla chitarra e al banjo, che sono normalmente affidate al leader stesso della band. Un gioiello. P.S.: Qui si può ascoltare un podcast che introduce al sound della band.
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Rievocazioni Rock'N'Roll

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e questi?........
KITTY DAISY AND LEWIS
''Kitty Daisy And Lewis'' (Sunday Best, 2008)
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Facciamo un salto nel 2008: Kitty ha sedici anni, la sorella Daisy venti ed il fratello Lewis diciotto. Nella cantina di casa i ragazzini hanno messo su un vero e proprio studio di registrazione anni 50. Il loro stile, infatti, è un jump-blues assai retrò, quasi rockabilly, conseguenza del fatto d’aver passato l’infanzia a frugare tra i dischi R&B, Swing, Country Western, Blues e Rock 'n' Roll dei loro genitori, musicisti a loro volta: mamma Ingrid, ex batterista del grande gruppo punk Raincoats e papà Graeme, ingegnere del suono di origine indiana. Tutti e tre i componenti sono multi-strumentisti, e gli strumenti suonati sono diversi: chitarra, piano, banjo, lapsteel, armonica, contrabbasso, ukulele, trombone.
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Il loro omonimo disco del 2008, ''Kitty, Daisy & Lewis'' suona volutamente vintage (registrato totalmente in analogico con un forte debito sentimentale nei riguardi della Sun e della Chess Records, come se il suono uscisse da un grammofono, registrato con apparecchiature originali dell'epoca) è stato messo sul mercato anche in un'edizione limitata composta da 5 vinili a 78 giri. Alcuni giornali inglesi si sono lamentati della quasi totalità di cover (l'unico brano originale del disco è Buggin'Blues, scritto da Lewis), ma più che fossilizzarsi su questo (considerando anche l'età del trio, il tempo per farsi ce l'hanno eccome), forse sarebbe più giusto guardare alla qualità dei brani proposti che spaziano dagli anni quaranta ai sessanta con ottimo gusto, sintomo di passione vera e non di semplice cotta adolescenziale: I Got My Mojo Working (Muddy Waters), Polly Put the Kettle On (Sonny Boy Wiliamson), Ooo Wee (portato al successo nei quaranta da Louis Jordan).... fino a Going Up The Country dei Canned Heat (presa a sua volta da una vecchia canzone di Henry Thomas). Il disco a mio parere è molto riuscito e, senza molte pretese, la musica evita il rischio di un certo manierismo, sempre in agguato in questi casi, pur restando nell’ambito della rievocazione di un’epoca. Comunque consigliatissimo (radical chic astengasi).
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THE HI-RISERS
''Once We Get Started'' (Spinout Records, 2008)
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Se siete amanti di questo genere di cose (della rievocazione del rockabilly in particolare) il consiglio è quello di puntare dritto sugli HiRisers un energico trio di Rochester (New York) con alle spalle più di ven'anni di carriera musicale e molte collaborazzioni importanti. Todd Bradley e Gregory Townson, il nucleo della band, hanno suonato assieme in centinaia di show e in due dischi delle loro precedenti band (The Essentials e The Salamanders) e hanno registrato in studio assieme alle leggende Hank Ballard, Bill Doggett, Pee Wee Ellis, al cantante soul John Ellison e fatto da backing band dal vivo a una moltitudine di grandi personaggi da Bo Diddley a Delbert McClinton. Il loro sound è un mix di rock'n'roll, rockabilly, surf, '60, garage, r'n'b. I brani brani difficilmente superano i due minuti e mezzo, ma sono adrenalina pura. ''Once We Get Started'', di un paio di anni fa, rimane (che io sappia) il loro ultimo lavoro: una bomba!
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venerdì 26 marzo 2010

Gocce di ''cioccolato'' dal North Carolina

 Carolina Chocolate Drops

Facciamo un salto di più di mezzo secolo (rispetto al post precedente) e torniamo al 2010 con i Carolina Chocolate Drops, giovane band del North Carolina, due ragazzi e una ragazza che a turno cantano e suonano banjo, fiddle, kazoo e armonica, rievocando la musica nera degli anni Venti e Trenta (''seguiamo la tradizione, ma in realtà siamo musicisti moderni''). Nati nel 2005, i CCD si sono formati alla scuola di un vecchio violinista nero, Jim Thompson (sembra che tutti i Giovedì sera la casa di Jim ospitasse ragazzi appassionati di musica provenienti da tutti gli Stati Uniti, per incredibili jam).
 
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Dopo (e grazie a) un gran numero di concerti e tre album (l'ultimo Heritage di un paio di anni fa) la band si è guadagnata la stima di autorevoli personaggi come Taj Mahal e l'ingaggio della ben più prestigiosa e visibile etichetta Nonesuch, che quest'anno ha licenziato il loro ultimo lavoro, ''Genuine Negro Jig''. Il disco si avvale anche della preziosa produzione del grande Joe Henry: 12 pezzi sinceri e suonati bene (anzi benissimo) di traditional ripescato dal folk rurale americano (siamo dalle parti della colonna sonora di ''Fratello dove sei?'' dei Cohen, ricordate?) aggiornato con uno stile accattivante e resi speciali dai suoni di banjo e violino. Alla fine trova spazio anche un brano firmato da Tom Waits riletto con classe. Bravi veramente.
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Sweet Emma

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Sweet Emma, soprannominata ''campanellina'' perchè mentre suonava faveva muovere alcune campanelle che agganciava alla sua giarrettiera rossa, è nata, vissuta e morta nella stessa citta: New Orleans. E' stata leader della Preservation Hall Jazz Band con la quale si esibiva come pianista (e questo nonostante la sua mano sinistra fosse mezza paralizzata) e occasionalmente anche come cantante. Figura molto conosciuta e stimata nell'ambito jazzistico della propria città, il suo nome ha iniziato a circolare fuori dagli ambienti che gli erano più consueti solo intorno agli anni Sessanta e a un età già abbastanza avanzata (Emma era nata alla fine del secolo XIX). Di lei raccomando caldamente un disco uscito nel 1994 per l'etichetta Ojc, che non dev'essere neanche troppo ''mission impossibol'' trovare, ma di cui in rete per ora non v'è traccia, dal titolo ''New Orleans: The Living Legends'' (Rating Release Date Jan 1961 Recording Date Jan 25, 1961 Label Riverside/OJC Time 54:36 Type Compilation Genre Styles Blues New Orleans Jazz) e un'altro imperdibile capolavoro come ''Sweet Emma Barrett and Her New Orleans Music'' (Jazzology, 1993 - con brani del 1963-64 ... corredato di libretto) che invece vi propongo :
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SWEET EMMA BARRETT & HER N. O. MUSIC
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Download
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In entrambi i casi uno swing che suona molto attuale, fresco e ''allegro'' in puro, essenziale stile New Orleans, e carico di contagioso entusiasmo. Nei dischi vengono riuniti temi tradizionali e altri composti dalla stessa Emma. Tutti i musicisti sono molto raffinati, e fra questi vanno almeno citati Percy Humphrey alla tromba, il fratello Willie al clarinetto, Jim Robinson al trombone e, naturalmente la propria Emma, che qui sotto possiamo vedere all'opera (in questo caso sola) in un video-documento veramente straordinario. Da non perdere. P.S. Prendere al volo qualsiasi cosa a suo nome vi capiti per le mani, grazie.
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Retro Cuba: Perle Cubane # 2

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LOS ZAFIROS
''Bossa Cubana'' (World Circuit, 1999)
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[ascolta/tracklist] - [download]

Dimentichiamo per un istante Wenders e il Buena Vista Social Club: arrivano Los Zafiros, i zaffiri. In cinque, completi a tre bottoni, cravattini strettissimi e scarpe ultralucide. Questa è l'altra Cuba, quella che negli anni Sessanta sognava i Beatles, ma per nessuna ragione avrebbe rinunciato allo spagnolo, al son o al bolero.
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Il tutto mescolato con le chitarre sinuose, il doo woop, il r&b, il calypso, la bossa nova e, in qualche caso, anche con il beat più spinto. La raccolta racconta la stora di questa band sensazionale, e raccoglie brani composti in un periodo che va dal 1962 al 1967. Tra botte di latin roll, con la voce da soprano di Ignacio Elejalde e il tiro rock della ritmica. Il libretto spiega come avvenne l'incontro con i Beatles a Parigi e come il quintetto rifiutò di far loro da supporto. Un delirio.
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Retro Cuba: Perle Cubane # 1

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CUBAN PEARLS
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Released: 22 May 2007
SONEROS DE AYER Y DE HOY 1934-57
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[ascolta] - [dwl: CD part1 & part.2; Cd2 part.1 & part.2]
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Released: 07 Jul 2008
ASI BAILABA CUBA
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[ascolta] - [dwl: CD1 & CD2]
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Released: 07 Jul 2008
LATIN JAZZ
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Retro-Africa: Perle africane



AFRICAN PEARLS (SYLLART) REC.



Nel caso vi fossero sfuggite ....

Released: 12 Oct 2006
1: CONGO/RUMBA ON THE RIVER 1954-67



Released: 30 Nov 2006
2: GUINEE/CULTURAL REVOLUTION 57-86

[download: Cd1 part.1 & part.2; Cd2 part.1 & part.2]


Released: 30 Nov 2006
3: MALI/ONE DAY ON RADIO MALI 65-85



Released: 30 Nov 2006
4: SENEGAL/THE TERANGA SPIRIT 60-79



Released: 18 Aug 2008
CONGO 70: RUMBA ROCK

[download: qui, oppure qui]


Released: 04 Dec 2008
GUINEE 70: THE DISCOTHEQUE YEARS



Released: 04 Dec 2008
MALI 70: ELECTRIC MALI

[tracklist] - [ascolta] - [dwl: qui oppure qui]


Released: 23 Feb 2009
SENEGAL 70: MUSICAL EFFERVESCENCE



Released: 09 Nov 2009
5: COTE D'IVOIRE: ...W. A. CROSSROADS



Released: 01 Mar 2010
CONGO: PONT SUR LE CONGO

[dwl: CD1 - pt.1 & pt.2 oppure pt.1 & pt.2]
[dwl: CD2 - pt.1 & pt.2 oppure pt.1 & pt.2]
 
 

Released: 01 Mar 2010
SENEGAL: ECHO MUSICAL

giovedì 25 marzo 2010

Retro-Africa: Jazz from the township




In Sudafrica il jazz ha conosciuto una diffusione senza paragone rispetto al resto del continente. Stile di vita, intrattenimento, musica, moda: per tutto un complesso di motivi culturali, sociali e politici, le masse di colore sudafricane individuarono precocemente nel mondo dei neri americani un modello di riferimento. Negli Stati Uniti anche Louis Armstrong e Duke Ellinghton pativano la discriminazione razziale, ma agli occhi dei sudafricani di colore incarnavano l'esempio di artisti neri di successo. Preceduto in Sud Africa fin dalla metà dell'Ottocento da altre forme musicali neroamericane come il ragtime, il jazz arrivò nelle township attraverso il grammofono e la radio già dopo la prima guerra mondiale e beneficiò di una reale popolarità fino agli anni Sessanta. L'appropriazione creativa del jazz, miscelato con le locali musiche urbane, ebbe come protagonisti pionieri entrati nella leggenda come Solomon ''Zulu Boy'' Cele e Wilson ''King Force'' Silgee. La maturità arriva negli anni Cinquanta: Hugh Masekela, Miriam Makeba, Dollar Brand (Abdullah Ibrahim), sono usciti dall'ambiente jazzistico dell'epoca. Queste due antologie, senza troppe pretese filologiche né di coerente rappresentatività della vicenda del jazz sudafricano, hanno il merito di mettere in mostra qualcuno dei gioielli che è ancora difficile avere l'occasione di ammirare. La prima raccolta, ''African Jazz 'N' Jive-An Authentic Selection Of South African Township Swing Classics From The '50s & '60s'' (Gallo Records, 2007) concentra l'attenzione quasi esclusivamente sugli anni Cinquanta.





Presenze fondamentali come quelle di Kippie Moeketsi, Spokes Mashiyane, Jazz Dazzlers, Skylarks, Lemmy ''Special'' Mabuse, nonchè l'hit Mbuse di Solomon Linda (restando in questo blog potete leggere la leggenda e le storie incredibili che girano attorno a questo brano) in un'eloquente incisione del 1939. La musica conquista con la sua freschezza: spensieratezza, verrebbe da dire, se non sapessimo che dietro aveva il crudele inasprimento della politica di apartheid del dopoguerra. La seconda raccolta, ''Freedom Blues-South African Jazz Under Apartheid'' (Nascente, 1999) invece, offre un'idea suggestiva dell'altissima qualità espressa, in gran parte nell'esilio, dal jazz sudafricano degli anni Sessanta e Settanta: in una risoluta modernità incontra le tendenze d'avanguardia, alle quali riesce a dare un notevolissimo contributo senza recidere il legame con lo spririto della musica dell'Africa australe




Ci sono alcuni dei nomi più importanti: i Jazz Epistels, in una incisione del '60, con fra gli altri Kippie Moeketsi al sax, Hugh Masekela alla tromba, Jonas Gwangwa al trombone e Dollar Brand al piano; i Blue Note (naturalmente) in uno struggente brano registrato dal vivo a Durban nel 1964, alle soglie della scelta dell'esilio; Harry Miller con una formazione guidata in Gran Bretagna nella seconda metà degli Sessanta. A differenza delle registrazioni degli anni Cinquanta e anteriori, i dischi del jazz sudafricano d'avanguardia della diaspora sono circolati, ma nella cerchia degli appassionati di free music e di nuovo jazz europeo (ne riparleremo): la brillante, godibilissima selezzione proposta da queste antologia hanno il pregio di far conoscere molti degli eroi del jazz sudafricano della diaspora. Imperdibili!


Il video ascolto propone il brano d'aperura di ''Freedom Blues'', ''Yakhall Inkomo'' di Winston 'Mankunku' Ngozi. Per chi invece volesse approfondire (sotto) altri tre lavori...

Rough Guide to South African Jazz (World M.N., 2000) - [download]
The History of Township Music (Wrasse) - [download]
Jazz from the Township (vecchio vinile, copert. a inizio post)
[dowload]

Retro-Africa: La ballata del Mandingo

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Tutti sanno (o dovrebbero sapere) quando si parla di musica africana, che la produzione che circola a livello internazionale attraverso il filtro delle etichette e dei media occidentali non sempre rispetta gli equilibri e i valori reali riscontrabili nella musica del continente, o solo in parte. In tutti i casi è sempre importante esprimere una valutazione prendendo le misure, ragionando, discutendo, creando una sensibilità critica. Fin qui tutto ok, se non fosse che una grandissima fetta di questa produzione (escludendo appunto il grosso dei nomi più noti, quelli che è più facile trovare nei nostri negozi), rimanga ingiustamente esclusa, e non certo per demeriti artistici. Risultato numero uno: un infinità di eccellenti lavori (e qualche piccolo capolavoro) che disgraziatamente giacciono descatalogati tra gli ultimi degli ultimi (pezzi) di qualche dimenticato magazzino. Risultato numero due: noi amanti di queste musiche ci si perde qualcosa di prezioso che (forse) non tornerà mai più. Certo la diffusione selvaggia (alla quale peraltro io partecipo) della musica su internet potrebbe (dovrebbe) aiutarci a cambiare un po' le cose da questo punto di vista e anzi, è probabile che sia proprio questo l'aspetto migliore di tutta la faccenda: la ''riesumazione'', quasi si trattasse di un operazione archeologica, di pezzi altrimenti introvabili grazie alla diffusione di alcuni benefattori appassionati. Nonostante questo (purtroppo o per fortuna, fate voi) molto ottimo materiale continua a rimanere fuori dalla circuitazione che conta, anche in rete. Ne prendiamo atto e aspettiamo la prossima chicca, magari iniziando a mettere a disposizione qualche pezzo di scaffale che riteniamo ingiusto debba continuare a rimanere nell'anonimato.
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ZOUMANI DIARRA
''Ballad Of Manding'' (Djenné/Stern's, 1997)
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Brano per brano (dalle note di copertina)
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01-MALI MOUSSO
(Women of Mali) The news of the first space shot was enormous news in Mali, with many musicians, particularly the women griots, all recording songs about it. For Zou this piece is the nostalgic echo of his childhood. The beefy sound of the balafon explores the spaces between the guitar.
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02-MADING NKONO
(Eagle)
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03-TERI JANFA
(Don't let down your friend) An old Mandinka tune which, like most of the classical music from Mali tells a story, a moral tale of the sadness when a close friend disappoints you, when someone you have spent a lot of time with suddenly abandons you. The traditionals themes have been reworked and laid down in layers of acoustic guitar playing a haunting circular pattern, while electric guitar, piano and talking drum improvise around it. Zou describes this as a gypsy jazz feel.
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04-ALOU
(In Memory of our friend who died) Zou wrote this in memory of a fine Malian musician, Alou Fane. Zou and Alou were close friends who travelled from Mali to the Netherlands together and recorded on album. It was shortly after this that Alou became ill and returned to Mali where he died, too early and too young. This piece is a joyous celebration of what was a brief but beautiful life.
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05-NIAMA NIAMA
(Malian proverb: You can't hide rotten rubbish, but you can hide the rotten side of your character)
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06-SIRIBA
(A praise song for Siriba, a Famous Malian) This has a traditional Bambarra sound with the acoustic guitar recorded in three layers. These rhythms and repetitions are the basis over which the piano and electric guitar echo in a call and response of improvisations.
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07-KOULANDJAN
(National Anthem of Mandingue Empire from the time of Sundjata Keita)
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08-FOLILA FO
(Thanks to the artists)
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09-TA MA
(Girls becoming women) The passing of time and the effects of age are the basis of this melody which describes the conversations of young girls at the tailor ordering tight clothes to show off their assets, while the older woman order big clothes. The balafon and guitar 'scat' sensuously while the talking drum runs like a finger up the spine
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10-KALA TIMENI
(Midnight in Bamako) The warmth of Bamako night, stepping out of a 'boite' still vibing from the music, and strolling to a chicken and plantain stall for a meal, as the mosques send out the first call of the day. The lead guitar glitters and shimmers whilst the piano sounds like a steel drum orchestra tuning up for mardi gras.
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I musicisti:
ZOUMANA DIARRA lead guitar/rhythm g./n'goni/bass g.
ESSA MBAYE talking drum
TOMAS DYANI AKURU congas/drum/checa
MERVYN AFRIKA organ on Mali Mousso
ALEX WILSON piano
CHARLIE GONZALES guiro on Teri Janfa
KOUYATE LANSINA balafon