Da cinquant' anni continua a finire in testa alle classifiche di tutto il mondo. Ma il suo autore è morto povero e sconosciuto. Questa è la saga di ''Mbube'' la melodia più famosa mai uscita dall'Africa, e delle sue molte vite.
Rian Malan, , Rolling Stone, Stati Uniti
Una volta, tanto tempo fa, nel cervello di un uomo di nome Solomon Linda avvenne un piccolo miracolo. Era il 1939, e Solomon stava in piedi davanti a un microfono nell'unico studio di registrazione dell'Africa nera. All' improvviso successe. Semplicemente aprì la bocca, e ne uscì una matassa di quindici note. La musica scese attraverso i cavi fino a una tremolante puntina che incideva solchi sottili su un blocco rotante di cera, che a sua volta fu trasformato in un disco che diventò un grande successo in quella parte dell' Africa.
Solomon Linda (primo dalla sinistra)
In un secondo momento la canzone prese il volo e atterrò negli Stati Uniti, dove si trasformò in uno dei veri classici immortali della musica pop, salì in vetta alle classifiche di quel paese e poi in tutto il resto del mondo per ripresentarsi regolarmente, sotto diversi titoli e forme, ogni dieci anni. Gli indiani navajo la cantano nelle lorocerimonie. I francesi preferiscono una versione in congolese. È stata registrata da artisti diversissimi,come i R.e.m. e Glen Campbell, Brian Eno e Chet Atkins, i Nylons e il re della musica da ascensore Bert Kaempfert. L' esercito della Nuova Zelanda l'ha trasformata in una marcia. Hollywood l'ha messa in Ace Ventura: l' acchiappanimali. Ha accumulato quasi tre secoli di passaggi radio solo negli Stati Uniti. È la melodia più famosa che sia mai venuta dallAfrica, una canzone che è penetrata così a fondo nella coscienza collettiva, attraverso tante generazioni, che si può davvero dire: ecco una canzone che tutto il mondo conosce. La sua avventurosa saga transculturale rappresenta anche, in un qualche modo, la storia della musica popolare: entrata pallida e zoppicante nel Ventesimo secolo, ne è uscita danzando, rinvigorita da trasfusioni di ragtime e rap, blues e soul. Tutta musica che arriva attraverso le navi di schiavi, le piantagioni e i ghetti dall' Africa. Era nella natura di questo scambio che i neri dessero più di quanto avevano, per non ricevere spesso nulla in cambio. Questo articolo è per Solomon Linda, uno zulu che ha scritto una melodiache ha fatto guadagnare una quantità incalcolabile di miliardi ai bianchi, ma che è morto così povero che la sua vedova non ha potuto permettersi una lapide per la sua tomba. Cominciamodall' inizio. O meglio, per restare in tema, dalle prime battute.
Parte prima
UNA STORIA CHE PARLA DI MUSICA.
Questo è un racconto africano, ma comincia con l'improbabile amicizia fra un aristocratico imperialista britannico e un nero americano famoso in tutto il mondo. Sir Henry Brougham Loch era un astro in ascesa dell'amministrazione coloniale britannica. Orpheus McAdoo era il leader del famoso gruppo dei Virginia Jubilee Singers, i re dello spiritual. Si incontrarono in occasione del trionfale tour di McAdoo in Australia negli anni Ottanta dell'Ottocento. Quando qualche anno dopo SirHenry diventò governatore della Colonia del Capo, pensò che a Orpheus poteva interessare di venire a trovarlo. Pocodopo McAdoo e il suo gruppo erano sulle strade del Suda-frica, a fare concerti in villaggi polverosi e città minerarie per folle che li guardavano a bocca aperta. La musica americana era una rivelazione per gli indigeni civilizzati, fino a quel momento costretti a indossare camicie con il colletto inamidato e a cantare orribili nenie sotto la direzione di arcigni missionari bianchi. Certo, McAdoo era un severo ex predicatore, ma nella sua musica c'era una carica ritmica sovversiva, una miscela primordiale di funk e soul. I fratelli africani non avevano mai sentito una cosa simile. Il tour si trasformò in una saga di cinque anni. Dovunque arrivava Orpheus, complessi di musica jubilee spuntavano sulla sua scia, arrivando alla fine a penetrare anche nei più remoti avamposti del mondo civile. Uno di questi era la Gordon Memo-rial School, arrampicata sui pendii di una vallata selvaggia chiamata Msinga, nel cuore delle terre zulu, circa 300 chilometri a sudest di Johannesburg. Fra i pastorelli seminudi che scorrazzavano per la missione c'era un ragazzino pelle e ossa di nome Solomon Linda, nato nel 1909, che si innamorò dello stile sincopato di Orpheus, e su quello rielaborò frammenti di canzoni zulu che lui e i suoi amici cantavano ai matrimoni e alle feste.
PASSO LEGGERO.
Verso la metà degli anni Trenta, Solly e i suoi amici si tolsero di dosso un po' di polvere e sterco di vacca e presero il treno per Johannesburg, la città d'oro, dove si sistemarono nei quartieri poveri cominciando a lavorare come lavapiatti e operai. Quella vita non li convinceva. Solomon teneva gli occhi aperti e trasformava ciò che vedeva in canzoni che eseguiva la domenica cantando a cappella con i suoi compaesani. Parlavano di lavoro, di crimine, di come le banche ti derubavano dandoti pezzi di carta invece che vero denaro. Alla gente quella musica piaceva: nel giro di due anni Solly e i suoi amici si trasformarono in un complesso cittadino alla moda, con vestiti gessati, bombetta e scarpe bicolori da elegantoni.
Solomon Linda (primo da sinistra) e il suo gruppo, gli Evening Birds. Johannesburg, 1939
Erano Solomon Linda e gli Evening Birds, inventori di una musica che sarebbe stata inseguito conosciuta come isicathamiya e identificata con la frase ''Cothoza, bafana'' (Passo leggero, ragazzi). Erano zulu: le loro danze tradizionali erano ritmate da un potente battere di piedi che, fatto da più persone all'unisono, faceva letteralmente tremare la terra. Nel bush andava benissimo, ma se battevi i piedi così in città rischiavi di spaccare le assi del pavimento, o romperti i piedi, e quindi il modo di danzare doveva essere ridimensionato. Qualcuno avrà presente i movimenti felini e stranamente leziosi dei Ladysmith Black Mambazo sul palco. Quello è avere il ''passo leggero''. Cerano legioni di ragazzi dal passo leggero nelle città del Sudafrica: di solito immigrati zulu che dedicavano i loro sabato sera a epici baccanali innaffiati di birra, noti col nome di ''riunioni per il tè''. Si trattava in parte di sfilate di moda, in parte di eroiche tenzoni fra i gladiatori del coro a cappella, in cui spesso un bianco preso a caso dalla strada faceva da giudice e il primo premio consisteva in una mucca o una capra. La borghesia locale nera era mortificata da queste buffonate. I ragazzi dal passo leggero erano fonte di imbarazzo, e venivano costantemente derisi per le loro grida da ''primitivi'' e le canzoni ingenue, che parlavano di argomenti come la stregoneria, il crimine, i filtri magici per conquistare il cuore delle ragazze. I gruppi avevano nomi tipo Naughty Boys (Ragazzacci) o Boiling Waters (Acque bollenti), ma quando scoppiò la Seconda guerra mondiale alcuni di loro cominciarono a farsi chiamare 'mbombers, dai cacciabombardieri Stukas che si vedevano nei cinegiornali. Gli 'mbombers erano il fenomeno sociale e culturale nero di gran lunga più diffuso del loro tempo. Il suono selvaggio delle canzoni era il risultato del raddoppiamento delle voci di basso, un'innovazione dovuta in gran parte a Solomon, come i vestiti di lusso e i nuovi passi di danza. Era l'Elvis Presley del suo popolo: un trentenne timido, dinoccolato, tanto alto che doveva chinarsi per passare dalle porte. È strano immaginarlo cantare in falsetto, ma di solito era quella la sua parte nel gruppo: era il leader, il comandante, e cantava quel che gli zulu chiamano fasi pathi, un falsetto da brivido.
NASCITA DI UN MIRACOLO.
Gli Evening Birds furono scoperti nel1938 da un talent scout e trascinati subito in un ufficio nel centro di Johannesburg. Lì videro il primo studio di registrazione dell'Africa subsahariana, che era arrivato via mare dall'Inghilterra con Eric Gallo, un italiano gioviale che si era fatto strada in campo musicale vendendo dischi di musica popolare americana ai proletari boeri. Ben presto era stato in grado di acquistare macchinari propri e di sfornare canzoncine nelle parlate locali, prima afrikaans, poi zulu, xhosa e così via. Il suo alleato in questo esperimento era Griffith Motsieloa, il primo produttore nero del paese: un tipo un po' rigido e formale le cui vere passioni erano la musica classica e gli eisteddfod, riunioni importate dal Galles in cui raffinati gentiluomini africani si intrattenevano chiaccherando in un inglese ampolloso. Motsieloa era disgustato dalla povertà culturale del suo capo, ma che poteva fare? Gallo era deciso a vendere dischi ai neri. Quando si accorse che l'afrocountry non prendeva piede, decise di provare con un po' di isicathamiya. Solomon Linda e gli Evening Birds registrarono alcuni pezzi sotto la direzione di Motsieloa, ma quello che interessa a noi si chiamava Mbube, parola zulu per ''leone''. Fu registrato nella loro seconda session, nel 1939.
Era un semplice motivetto di tre accordi con un testo che diceva più o meno ''Leone! Ha! Sei un leone!'', ispirato a comuni ricordi d'infanzia dei ''birds'', cresciuti in un villaggio zulu, quando cacciavano i leoni che si avvicinavano alle mandrie dei loro padri. Il primo tentativo andò a vuoto, e così anche il secondo. Motsieloa, esasperato, acchiappò i primi musicisti che passavano nei corridoi dello studio - un pianista, un chitarristae un suonatore di banjo - e ci provò ancora. All'inizio anche il terzo tentativo sembrava un fallimento, con musicisti esitanti che andavano per tentativi cercado l'intonazione; ma appena riuscirono ad andare tutti isieme, il risultato passò alla storia. Mbube non era una cazone particolare, ma c'era qualcosa di incredibilmente coivolgente nel canto di accompagnamento, un denso intreccio di voci di basso, su cui Solomon intonava mugugni e gorgheggi per due entusiasmanti minuti, improvvisando qua e là. Ma la registrazione raggiunse l'immortalità negli ultimi secondi, quando Solly prese fiato, aprì la bocca e improvvisò la melodia che ora il mondo associa alle parole: ''In the jungle, the mighty jungle, the lion sleeps tonight''. Probabilmente Griffith Motsieloa capì di avere per le mani qualcosa di speciale: il master del disco fu subito spedito via nave in Inghilterra e tornò sotto forma di dischi a 78 giri da dieci pollici, che arrivarono sul mercato proprio mentre Hitler invadeva la Polonia. Era difficile far conoscere la canzone, perché nel 1939 le radio nere erano praticamente inesistenti. Fortunatamente cominciò a essere passata su un'emittente locale che trasmetteva musica, notizie e propaganda sulla ''questione indigena'' nei quartieri neri. A poco a poco la gente cominciò a chiedere il disco nei negozi. I clienti continuarono ad aumentare per anni e anni, e furono necessarie tante ristampe da disintegrare il master. Nel 1948 Mbube aveva venduto attorno alle cetomila copie, e Solomon Linda era il campione imbattibile delle gare canore dei dopolavoro e una superstar fra gli immigrati zulu.
Il 78 giri originale di Mbube
UN BANJO ANTIFASCISTA.
Dall' altra parte del mondo, Pete Seeger non se la stava passando bene. Suonava il banjo e viveva in un appartamento senza acqua calda a MacDougal Street, nel Greenwich Village, a New York, con una moglie, due figli e niente soldi. Rampollo di una benestante famiglia progressista della città, aveva lasciato Harvard dieci anni prima e si era messo a vagabondare col banjo in spalla, imparando le canzoni disperate della gente delle bidonville, delle segherie e delle miniere di carbone dell'America della Grande depressione. A NewYork suonava in un gruppo con Woody Guthrie. Indossavano camicie da lavoro e jeans, e scrivevano canzoni folk che avevano come protagonista l'uomo della strada, vittima dello sfruttamento, in lotta con i vampiri capitalisti.
Pete Seeger
Woody Guthrie
Sulla chitarra di Woody campeggiava lo slogan: ''Questa macchinauccide i fascisti''. Sul banjo di Pete c'era una versione più moderata e gentile: ''Questa macchina attacca l'odio e lo costringe ad arrendersi''. Era un hippie ante litteram, solo che non si faceva le canne e non beveva neanche un goccio di birra. Era anche un pacifista, o almeno lo fu fino a quando Hitler invase la Russia. Subodorando un complotto capitalista contro il coraggioso esperimento socialista sovietico, Pete e Woody diventarono da un giorno all'altro guerrafondai e cominciarono a scrivere canzoni di guerra contro i nazisti, cosa che li rese brevemente famosi. Poi per Pete arrivò l'uniforme e la partenza per il fronte, dove suonava il banjo per i soldati annoiati. Congedato nel 1945, tornò a New York, dove trovò una specie di impiego nella scuola pubblica per insegnare ai bambini a cantare le canzoni popolari quasi dimenticate della tradizione degli Stati Uniti.
Alan Lomax
Un giorno bussò alla porta il suo amico Alan Lomax, che qualche decina d'anni dopo verrà considerato il padre della world music. Alan lavorava per la Decca, e lì aveva recuperato una confezione di dischi mandati dall'Africa da una casa discografica locale nella vana speranza che qualcuno in America volesse distribuirli. Stavano per buttarli via quando Alan intervenne, pensando: ''Questa è roba per Pete''.
DA ''MBUBE'' A ''WIMOWEH''
Ed eccoli qui: fragili dischi a 78 giri, uno dei quali con scritto Mbube sull'etichetta. Pete lo mise sul suo vecchio Victrola e ascoltò. ''Cavolo'', pensò, ''questa po-trei cantarla io''. Tirò fuori carta e penna e cominciò a trascrivere la canzone, ma non riusciva a capire le parole. Gli zulu cantavano ''Uyim-bube, uyimbube'', ma a Pete sembrava una cosa tipo ''awimbowee'', o forse ''awimoweh'', ed è così che lo trascrisse. Poi insegnò Wimoweh agli altri componenti del suo gruppo, gli Weavers, e quella diventò ''una delle canzoni che ho cantato più volentieri per quarant'anni''. Pete era stanco di appartamenti senza acqua calda e voleva una vera carriera, come si conveniva a un ultratrentennepadre di due figli. Era riuscito a trovare un lavoro alla tv, ma qualcuno lo aveva indicato come un pericoloso simpatizzante di sinistra e gli aveva fatto perdere il posto ancora prima di cominciare. A quel punto, secondo il suo biografo David King Dunaway, cadde in una depressione che finì solo quando il suo gruppo ottenne una scrittura al VillageVanguard di New York. Avendo evidentemente deciso che voleva fare la miglior impressione possibile, Pete consentì a sua moglie di vestire gli Weavers con dei coordinati di velluto blu, una concessione alle regole dello show business fino ad allora inimmaginabile. La paga era di duecento dollari alla settimana, più hamburger gratis, e la scrittura era per sole due settimane. Ma successe qualcosa di inatteso: la gente cominciò ad arrivare a frotte.
Pete Seeger, al banjo, con gli Weavers a New York, il 17-7-'51
Lo spettacolo fu prolungato di un mese, poi di un altro. L'attrazione esercitata dagli Weavers era incomprensibile per i puristi della musica popolare, che facevano notare che le loro canzoni esistevano da sempre, in oscure versioni di neri o di contadini del sud che non avevano mai raggiunto il successo. Quel che sfuggiva ai detrattori è che Seeger e compagni erano riusciti a filtrare la puzza di povertà che emanava dalla musica proletaria, rendendola appetibile e divertente per i borghesucci dell'era di Eisenhower. Dopo sei mesi gli Weavers facevano ancora il tutto esaurito al Vanguard, accogliendo anche qualche esule dai locali di lusso di Times Square. Gordon Jenkins era uno di loro, un appassionato di jazz dal colorito olivastro, con dei baffi da gigolò e i capelli pettinati all'indietro con la brillantina come un divo del cinema. Jenkins aveva cominciato come arrangiatore per Benny Goodman, prima di raggiungere il successo in proprio con l'orrenda Im Forever Blowing Bubbles. Adesso faceva qualche arrangiamento per Frank Sinatra ed era anche direttore artistico della Decca.
The Weavers
A Jenkins piacevano gli Weavers, e tornava tutte le sere, a volte fermandosi a vedere due volte lo spettacolo. Voleva metterli sotto contratto, ma i suoi capi erano in dubbio. Solo quando Jenkins si offrì di pagare lui stesso per le sedute di registrazione la Decca capitolò, e concesse una possibilità a questi cantantucoli folk. La loro prima registrazione uscì nel giugno del 1950. Era Goodnight Irene, una vecchia canzone d'amore che avevano imparato dal loro amico Lead Belly, e fece subito clic, come si diceva allora. Il lato b era una hora israeliana dal titolo Tze-na, Tzena, Tzena, e andò bene anche quella. Così come The Roving Kind, un motivo folk dell'Ottocento uscito a novembre, e On Top of Old Smoky, che salì fino al terzo posto delle classifiche la primavera successiva.
Woodie Guthrie e Led Belly
Gli Weavers erano passati dai concerti amatoriali ai palchi dei più eleganti locali e casinò. Vestivano in completo e cravatta, si imbrillantinavano i capelli, andavano in televisione e guadagnavano duemila dollari alla settimana. Amareggiati e invidiosi, i loro ex compagni cominciarono a bersagliarli sulle riviste specializzate: ''Come può un gruppo tutto di bianchi cantare canzoni della cultura nera?''. La risposta era, ovviamente, nella canzone che Seeger chiamava Wimoweh. La sua versione era fedele all'originale zulu quasi in ogni aspetto tranne che per il ritmo con le dita schioccate, che suonava forse un po troppo bianco per un palato fine, ma non disturbava più di tanto. Il vero banco di prova era la parte vocale, e qui Seeger passava a pieni voti, cantando a squarciagola dal più profondo del cuore e tendendo le corde vocali allo spasimo. Wimoweh era la canzone di gran lunga più difficile nel repertorio degli Weavers, ed è forse per questo che attesero un anno primadi registrarla.
CACCIA ALLE STREGHE
Come tutte le altre loro registrazioni dell'epoca, Wimoweh fu prodotta da Gordon Jenkins con un' orchestra di appoggio. In precedenza Jenkins era stato molto modesto nel suo approccio strumentale, limitandosi ad aggiungere agli allegri coretti degli Weavers un po di violini qua e là. Forse aveva cominciato ad annoiarsi, perché il suo arrangiamento di Wimoweh era invece un esplosione di libidine orchestrale che sembrava appena uscita da Las Vegas, e che raggiungeva quasi il barbarico splendore dell' originale zulu. Tromboni squassanti e trombe squillanti accom-pagnavano la miracolosa melodia di Solomon. E poi Pete si scatenava con i suoi urli. Era una rivoluzione rispetto a quel che gli Weavers avevano fatto in precedenza, ma alla redazione di Billboard, allora indiscussa autorità del mercato musicale, piacque al punto che fu scelta come successo della settimana. Più o meno nello stesso periodo, però, su Variety uscì un articolo dal titolo: ''Altri cinque personaggi di Hollywood accusati di essere dei rossi'. Chaplin sotto inchiesta''. Era il gennaio del 1952, e l'America era impegnata in una folle caccia ai rossi nascosti nell'armadio. Lo House Un-American Affairs Committee, il comitato che si occupava dei ''nemici'' politici del paese, stava indagando su Hollywood; uscivano le prime liste di artisti con simpatie comuniste; e a Washington un certo Harvey Matusow cominciò a parlare con gli ispettori federali. Matusow era un ometto subdolo che aveva lavorato con Seeger a Peoples Songs, un'associazione di sinistra che organizzava concerti di cantanti folk durante i picchetti o nelle assemblee. Poi aveva cambiato idea, e aveva deciso di raccontare tutto della sua vita segreta nelle fila nascoste del comunismo. Il 6 febbraio del 1952, propriomentre Wimoweh entrava in classifica, si piazzò davanti a un microfono della commissione e raccontò una delle storie più pazzesche di tutta l'era McCarthy. Quei maledetti rossi, disse, ''approfittavano della debolezza sessuale della gioventù americana'' per reclutarli nel loro temuto movimento. Ed era anche disposto a fare i nomi di membri del Partito comunista, fra cui tre degli Weavers - Pete Seeger incluso. La stampa impazzì. I giornalisti chiamarono il proprietario del locale in cui gli Weavers dovevano esibirsi quella sera chiedendo come mai ''sosteneva il nemico''. Lo spettacolo fu annullato, e da lì le cose precipitarono. Le radio misero al bando le canzoni degli Weavers, le apparizioni in tv furono cancellate. Wimoweh precipitò dal sesto posto all'oblio. I proprietari di night club non volevano neanche parlare con gli agenti degli Weavers. Alla fine anche la Decca li abbandonò. Entro la fine dell'anno tutto era perduto, e Pete Seeger era di nuovo al punto di partenza, a insegnare canzoni popolari ai ragazzini per due lire. Gli Weavers erano morti, ma Wimoweh continuava a vivere, e aveva affascinato il musicista jazz JimmyDorsey, che la incise nel 1952, e la focosa Yma Sumac che ne fece una versione lounge che qualche anno dopo ebbe una certa fama. Verso la fine del decennio finì anche in Live from the Hungry I, un lp del Kingston Trio che rimase incredibilmente in classifica per 178 settimane. Ormai negli Stati Uniti chiunque conosceva il ritornello di base: non c'è quindi da stupirsi se il 45 giri dell'estate del 1961 fu di quattro simpatici ragazzi ebrei che cantavano ''Ah-weem-oh-way, ah-weem-oh-way'', schioccando le dita.
QUATTRO GIOVANOTTI EBREI.
I Tokens erano degli autentici ragazzi di Brooklyn, cresciuti ascoltando i dj come Alan Freed e le sognanti melodie di Dion and the Belmonts e degli Everly Brothers.
Dei giovanissimi Tokens
Hank Medress e Jay Siegel si erano incontrati al liceo Lincoln High, dove cantavano in un quartetto doo-wop nel quale aveva militato per un po' Neil Sedaka. Phil Margo era un batterista e pianista in erba, anche lui del Lincoln High, e Mitch Margo era il suo fratellino quattordicenne. Le ragazze si erano già accorte di loro, perché i Tokens erano apparsi alla tv nella popolarissima trasmissione American Bandstand per cantare il loro successo ''Tonight I Fell In Love''. Appena usciti dal liceo strapparono un contratto per tre dischi con la Rca Victor, con un anticipo di diecimila dollari e la possibilità di lavorare con Hugo Peretti e Luigi Creatore, celebri produttori di Sam Cooke, Frankie Lymon e molti altri.
Questa era gente che aveva lavorato con Elvis! I Tokens conoscevano Wimoweh grazie al loro cantante Jay, che l'aveva sentita su un vecchio album degli Weavers. Era una delle canzoni che avevano cantato quando avevano fatto l'audizione con Huge e Luge, come erano soprannominati Peretti e Creatore nellambiente. I produttori avevano detto: ''Sì, questa canzone è interessante, ma diche parla?''. ''Di mangiare i leoni'', risposero i Tokens, come qualche burlone del consolato sudafricano gli aveva fatto credere. In quel momento probabilmente Peretti e Creatore alzarono gli occhi al cielo: non era certo un argomento che poteva andar bene per un singolo. Così decisero di riadattare la canzone, mettendoci delle parole comprensibili e dandole un tocco moderno. Mandarono a chiamare George David Weiss, un ragazzo gentile in giacca blu che si stava facendo un nome nel pop per adulti curando gli arrangiamenti per Doris Day e Peggy Lee. I Tokens lo consideravano noiosissimo, poi scoprirono che era coautore di ''Can't Help FallingIn Love With You'' di Elvis Presley. Questo cambiava tutto.
Così Weiss si portò a casa Wimoweh e la ascoltò per bene. A un giovane colto come lui, laureato alla Juilliard, quei mugolii primitivi non piacevano molto, ma il canto era ok e parte della melodia era molto orecchiabile. Così smantellò la canzone, tagliò tutti quegli strilli e strepiti, e rimontò quel che ne restava in un altro modo. Il canto rimaneva immutato, ma la melodia - il miracolo melodico di Solomon Linda - adesso si trovava al centro della canzone, con delle nuove parole: ''In the jungle, the mighty jungle''. Negli anni successivi Weiss si è sempre mostrato un po' diffidente rispetto ai suoi riadattamenti: li chiamava ''trucchetti'', come se si vergognasse di essere associato a così frivole espressioni della musica pop. Phil Margo sostiene che è perché Weiss non ha scritto nulla se non trentatré parole di un testo ridicolo, ma questa è unaltra storia. Quel che ci interessa ora è la sostanza melodica della canzone, e su questo tutti sono daccordo: ''The Lion Sleeps Tonight'' era una rielaborazione di Wimoweh, che era a sua volta una copia di Mbube. La musica di Solomon Linda era sepolta sotto molti strati di arrangiamenti pop, ma la si sentiva ancora sotto la superficie levigata, come un mammut intrappolato in un blocco trasparente di ghiaccio. La canzone fu registrata negli studi di Manhattan della Rca il 21 luglio del 1961, con un'orchestra e una sezione ritmica noleggiate per l'occasione. Il batterista tentava di creare un suono da tam tam della giungla ''autentico'', tre dei Tokens facevano ''wimoweh'', mentre Jay Siegel cantava la melodia con il suo limpido falsetto e Anita Darian, una cantante d'opera che si prestava anche per questi lavoretti, scendeva in picchiata e si librava in alto nel cielo, in quel controcanto ammaliante che è una delle grandi meraviglie della canzone. Un po' di sovrincisioni e, più o meno, il disco era pronto. Se ne andarono tutti a casa, senza sospettare che il loro lavoro sarebbe passato alla storia.
La band newyorchese The Tokens, nel 1961
I Tokens erano insoddisfatti del nuovo testo, che a loro sembrava freddo e poco adatto ai ragazzi. Hugo e Luigi erano così presi da altre cose che fecero il mix finale al telefono e la Rca ci mise la ciliegina sopra facendo uscire la canzone come lato b di una canzoncina banale, ''Tina'', che naufragò miseramente. Strano, no? Stiamo parlando di un pezzo pop di tale potenza che quando il leader dei Beach Boys, Brian Wilson, lo sentì alla radio per la prima volta era talmente emozionato che dovette accostare con la macchina. Eppure ''The Lion Sleeps Tonight'' probabilmente non sarebbe nemmeno arrivata alle sue orecchie se Dick Smith, un dj di Worcester, Massachusetts, non avesse girato il nuovo 45 giri dei Tokens per sentire cosa cera sull'altro lato. La radio di Smith, la Worc, cominciò a trasmettere ''The Lion Sleeps Tonight'' in continuazione. La canzone sfondò prima a livello locale, poi arrivò nelle classifiche nazionali a novembre e si piantò rapidamente al primo posto.
LACONQUISTA DEL MONDO
Nel giro di un mese una cover fatta da un certo Karl Denver arrivò al primo posto in Gran Bretagna. Nell' aprile del 1962 la canzone era ai primi posti in quasi tutte le classifiche occidentali, e andava dritta verso l'immortalità. Miriam Makeba la cantò alla festa di compleanno di John F. Kennedy, qualche momento prima del famoso ''Happy birthday, mr. President'' di Marilyn Monroe. La ascoltavano gli astronauti dell'Apollo sulle rampe di lancio a Cape Canaveral, in Florida. Fu ripresa dagli Springfields, dai Tremeloes e da Glen Campbell. Nel 1972 tornò in classifica, al terzo posto, nella versione di Robert John. Brian Eno la registrò qualche anno dopo. Nel 1982 era di nuovo al primo posto in Gran Bretagna, stavolta cantata dai Tight Fit. Dopo l' hanno cantata i R.e.m., i Nylons e i They Might BeGiants. Manu Dibango ne ha fatto una sua versione. Un gruppo tedesco l'ha trasformata in un violento heavy metal. Un campionamento è finito nel successone rap Mash Up da Nation. Disney l'ha usata per la colonna sonora di Il Re Leone e nella produzione teatrale dallo stesso titolo, che continua a riempire le platee di mezzo mondo. È in centinaia di cd per bambini con dei leoncini sulle copertine e in una serie infinita di compilation nostalgiche. Ha più di sess'antanni, ed è ancora onnipresente.Cosa significa questo in termini di diritti d'autore e relativi guadagni? Ho girato questa domanda a vari avvocati di diversi paesi, e loro si sono grattati la testa. Circa 160 registrazioni di tre diverse versioni? Quattordici film? Una mezza dozzina di pubblicità in tv e un musical di successo? Passaggi radio continui in ogni parte del mondo? È impossibile fare un calcolo preciso, ma 15 milioni di dollari sembra a tutti una cifra sensata. Il che solleva un interrogativo ancora più interessante: che ne è stato del malloppo?
Parte seconda
UNA STORIA DI SOLDI.
'È stata un'esperienza meravigliosa'', ha detto Larry Richmond, presidente ereditario della Richmond Organization (Tro). Parlava degli straordinari sforzi della sua compagnia per assicurare che a Solomon Linda venisse fatta giustizia. Larry era a Manhattan e io a Johannesburg, dove erano le due del mattino. Gli ho detto: ''Aspettami un attimo. Vengo a trovarti''. Pochi giorni dopo entravo nel quartier generale della Tro, un palazzo stranamente tranquillo sulla Diciannovesima strada ovest. La vecchia chitarra polverosa nella sala d'aspetto era una reliquia di un'epoca ormai lontana. Negli anni Quaranta i musicisti di belle speranze venivano a frotte per fare sentire le loro canzoni nuove al padre di Larry, Howie Richmond, fondatore della compagnia. Se la canzone gli piaceva, Howie faceva firmare un contratto all'autore, trascriveva la musica e assicurava i diritti. Poi mandava dei piazzisti di canzoni dai cantanti famosi, le cui registrazioni avrebbero fatto guadagnare sia l'autore che l'editore del pezzo. Al tempo stesso i negozi di musica vendevano gli spartiti, mentre i contabili negli uffici della Tro raccoglievano le royalties e controllavano che non circolassero copie non autorizzate. Nella sua stagione d'oro la Tro era un impero dell'editoria musicale che si estendeva in tutto il mondo. Il declino arrivò negli anni Settanta, quando gli astuti procuratori delle rockstar cominciarono a consigliare ai loro clienti di pubblicarsi le canzoni da soli: un'operazione abbastanza semplice e che raddoppiava le entrate per il compositore, dato che gli editori vecchio stile pretendevano generalmente il 50 per cento delle royalties. Oggi la Tro è ormai poco più che una cripta in cuisi gestiscono vecchi diritti dautore dinestimabile valore,guidata da un equipaggio fantasma il cui lavoro si limita ad autorizzare l'uso dei vecchi brani in spot televisivi e film. Larry Richmond è un tipo affabile. Abbiamo bevuto caffè e chiacchierato per un'ora o due, più che altro sulle ingiustizie sociali e l'impegno della Tro in questo campo. Contavo di intervistare Larry sul suo impegno per Solomon Linda, ma prima dovevo dormire un po. È stato uno sbaglio. Quando mi sono ripreso lui era già rientrato nel labirinto della sua segreteria telefonica, da cui non sono più riuscito a farlo emergere. Così mi sono ritrovato a New York senza nessuno con cui parlare. Ma avevo fatto tanta strada, quindi ho continuato a cercare. Alla fine ho scoperto qualcosa.
COMPENSO: UNA STERLINA.
Nel 1939, quando Solomon Linda fu sfiorato dall'ala di un angelo, Johannesburg era una provinciale città mineraria in cui si concludevano contratti musicali secondo principi commerciali vecchi quanto il mondo: le case discografiche compravano le registrazioni per il prezzo che pensavano valessero sul mercato; le star in genere ricevevano un po' di ghinee per una seduta di registrazione, i musicisti sconosciuti quasi nulla. Nessuno riceveva royalties, e non esistevano i diritti d'autore. Solomon Linda non aveva nemmeno un contratto. Era uscito dallo studio di registrazione con circa una sterlina in contanti in tasca, e con questo la sua musica apparteneva alla casa discografica, che non aveva ulteriori obblighi con nessuno. Quando Mbube diventò un successo locale, i soldi andarono a Eric Gallo, il proprietario della compagnia. Tutto quello che Solomon Linda ricevette fu un impiego nella fabbrica di imballaggi del capo, dove continuò a lavorare fino alla fine dei suoi giorni.Quando Mbube prese il volo trasformandosi in Wimoweh, il grande successo degli Weavers, Gallo avrebbe potuto far fortuna se avesse giocato bene le sue carte. Invece firmò un accordo con Howie Richmond, cedendo Mbube alla Tro in cambio del dubbio privilegio di distribuire Wimoweh nelle regioni del bush, come il Sudafrica e la Rhodesia. Il destino di Solomon Linda passò così nelle mani di Howie e del suo fedele bracciodestro, Al Brackman. Howie e Al erano molto impegnati nel mercato della musica folk, in cui si stavano aprendo grandi opportunità per dei ragazzi furbi e con buona conoscenza dei meccanismi dei diritti dautore. Cos'era dopo tutto una canzone popolare? A chi apparteneva? Era lì, come un cavallo selvatico o un fazzoletto di terra vergine su un continente appena scoperto. La fortuna avrebbe sorriso all'uomo abbastanza coraggioso da dichiararsi l'autore di qualunque canzone tradizionale. Così aveva fatto, per esempio, un certo Jessie Cavanaugh con Greensleeves, allinizio degli anni Cinquanta. In realtà Jessie era soloun alter ego di Howie. All'epoca reclamare i diritti d'autore su nuove versioni di vecchie canzoni che non appartenevano a nessuno era una pratica comune e assolutamente legale. I nomi falsi servivano probabilmente a evitare il possibile imbarazzo che avrebbe causato a Howard S. Richmond il fatto di proclamarsi autore di un madrigale dell'età di Shakespeare. Molto attivo era anche un certo Harold Leventhal, che si era arrogato i diritti di un oscuro motivetto che sarebbe in seguito diventato l'inno nazionale indiano. Leventhal aveva cominciato la carriera come fattorino per Irving Berlin e l'ha conclusa organizzando i concerti di Bob Dylan. In mezzo si era appassionato alla musica degli Weavers. Nel 1949 si presentò al Village Vanguard in compagnia di un vecchio amico, Pete Kameron, che stava cercando di entrare nel mondo dello spettacolo. Leventhal fece le dovute presentazioni, e Kameron diventò il manager degli Weavers. Dato che tutte queste persone si conoscevano, era naturale che cercassero di occuparsi insieme degli affari della band. Leventhal offriva la sua consulenza artistica, Kameron si occupava della contabilità e cercava di tenere a bada i cacciatori di streghe, e Howie e Al si occupavanod elle edizioni. Le cose erano sistemate in modo che Kameron avesse una quota del 50 per cento. Gli Weavers cantavano le canzoni e incidevano, e insieme vendettero circa quattro milioni di dischi in diciotto mesi. Verso la fine del 1951 questi uomini si trovarono a contemplare il fatidico 78 giri venuto dallAfrica, e a chiedersi che tipo di bestia fosse. Sull'etichetta c'era scritto Mbube, dall'originale di Solomon Linda con gli Evening Birds, ma i diritti non erano mai stati depositati. Qualunque cosa non fosse stata depositata era un cavallo brado, e i cavalli bradi nel repertorio degli Weavers di solito venivano attribuiti a un certo Paul Campbell. A leggere solo le etichette dei dischi, Campbell era uno dei compositori di maggior successo dell'epoca. Mbube non era esattamente di dominio pubblico, ma ci si avvicinava molto: una canzone non depositata di un'ignota etichetta straniera che non aveva mostrato alcun interesse nel proteggere i diritti d'autore di Solomon Linda. Così la canzone dello zulu finì tra i cavalli bradi degli Weavers, registrata come Wimoweh di Paul Campbell. Dato che la canzone piaceva particolarmente al pubblico,cominciarono a entrare i soldi. Al, Howie e Kameron si di-videvano la quota fissa del 50 per cento spettante agli editori e davano l'altra metà agli autori o, in questo caso, agli adattatori: Pete Seeger e gli Weavers. A Solomon Linda non spettava nulla.
Pete Seeger
IL PRIMO ASSEGNO.
Questo non stava bene a Seeger, che riconosceva apertamente come vero autore di Wimoweh Solomon, al quale, a suo modo di vedere, spettavano quei soldi. In effetti Seeger aveva tormentato per mesi i suoi editori perché trovassero un modo per pagare lo zulu. ''All'inizio volevano mandare le royalties a Gallo'', ricorda Seeger. ''Io gli dissi di non farlo, perché in questo modo Linda non avrebbe visto un soldo''. Alcuni attivisti antiapartheid misero Seeger in contatto con un avvocato di Johannesburg, che a sua volta si mise a cercare Solomon Linda nelle township proibite.Una volta stabilito il contatto, Seeger mandò allo zulu un assegno da mille dollari, e diede istruzioni ai suoi editori di fare lo stesso con i pagamenti successivi. Cinquant'anni dopo se ne vanta ancora. ''Non ho mai percepito diritti d'autore su Wimoweh'', dice Seeger. ''A partire dal 1951 mi ero messo daccordo perché i soldi andassero a Linda. Ero convinto che gli editori si tenessero il cinquanta per cento e mandassero il resto a lui''. Come vedremo tra poco, non andò così. Intanto, nell'estate del 1961, Wimoweh era finita nelle mani di Creatore e Peretti. Anche Hugo e Luigi erano accalappiatori di cavalli bradi di primordine: arrivarono ad attribuirsi Grand March From Aida, la ''Marcia trionfale dell'Aida'', un grande hit di Giuseppe Verdi. Da veri professionisti, i due probabilmente verificarono l'identità del compositore di Wimoweh citato sul disco, scoprendo che il nome era falso e che la sua opera omnia era costituita da canzoni popolari dei secoli precedenti. In base a questo giunsero a un'ovvia conclusione: che Wimoweh fosse basata su una vecchia canzone tradizionale africana che non apparteneva a nessuno. Quindi senza far nulla di illegale chiamarono George Weiss, gli fecero trasformare Wimoweh in The Lion Sleeps Tonighte e la mandarono in giro nel mondo come una composizione di Weiss/Peretti/Creatore. Fecero esattamente la stessa cosa quattro mesi dopo con The Click Song, una canzone xhosa resa popolare da Miriam Makeba negli Stati Uniti: Weiss allestì un altro po' di tamburi della giungla e i Tokens la misero in commercio col titolo Bwanina, come un'altra composizione dello stesso trio. The Click Song, però, era veramente un cavallo brado che aveva vagato per l'Africa per secoli, mentre Mbube era una canzone originale. Su di essa c'era un copyright negli Stati Uniti depositato da Gallo nel 1952 e successivamente concesso alla Tro nel contratto da cui era scaturita Wimoweh. Quando The Lion Sleeps Tonight cominciò a essere trasmessa da tutte le radio d'America, Howie Richmond riconobbe la sua melodia e scatenò subito gli avvocati contro i Tokens e i loro soci. Cosa potevano rispondere? Dev'essere stato molto imbarazzante ma - che diamine! - Howie conosceva benissimo Hugo e Luigi e aveva un profondo rispetto del talento poetico di Weiss. Era disposto a dimenticare l'intera faccenda. A patto che i diritti di Lion tornassero a lui.
CON TANTE SCUSE.
Una settimana dopo sulla scrivania di Howie arrivò una lettera di scuse, e tutti si affrettarono a sistemare le cose amichevolmente. Perché tanta fretta? Perché The LionSleeps Tonight stava salendo nelle classifiche, e il terzetto Weiss/Peretti/Creatore voleva assolutamente evitare una disputa legale che avrebbe potuto deviare la sua traiettoria. Questo metteva Richmond e Brack-man in grado di dettare praticamente qualunque condizione. Loro non avevano un contratto con Solomon Linda, ma questo non gli impediva di fare richieste a suo nome. Avrebbero potuto perfino costringere Luigi, Hugo e Weiss ad accontentarsi di una piccola quota come riadattatori, lasciando tutto il resto allo zulu, ma questo avrebbe probabilmente guastato un importante rapporto d'affari. Non avevano obblighi legali nei confronti di Solomon, e quindi decisero di autorizzare quei tre uomini, che in seguito avrebbero definito plagiari, ad andarsene via col 100 per cento dei diritti d'autore. E perché no? Non erano soldi loro. La Tro percepiva il 50 per cento netto della quota come casa editrice. Huge, Luge e Weiss era-no felici. La sola persona a perderci era Solomon, che non veniva neanche menzionato nel documento: Lion aveva il copyright come canzone ''basata su una canzone di Paul Campbell''. L'accordo venne ratificato il 18 dicembre del 1961, proprio mentre la canzone cominciava la sua conquista delle hit parade mondiali. The Lion Sleeps Tonight arrivò al primo posto negli Stati Uniti il giorno di Natale e raggiunse il Sudafrica due mesi dopo, appena in tempo per portare l'ombra di un sorriso sul volto di Solomon Linda morente. I dottori gli avevano diagnosticato una malattia renale, ma la sua famiglia sospettava si trattasse di una fattura.
VITTIMA DEGLI STREGONI.
Se fosse stato vero, Solomon sarebbe vittima del suo stesso successo. Certo, nel mondo dei bianchi non era nessuno, ma Mbube lo aveva reso una leggenda nella cultura sotterranea degli zulu, ed essere una leggenda presso il popolo del cielo era un ottimo destino, da un certo punto di vista. Gli sconosciuti lo salutavano per strada e gli pagavano da bere, era molto richiesto come ospite di prestigio e aveva guadagnato abbastanza da potersi concedere dei vestiti buoni, una seconda moglie e un grammofono a manovella per il suo clan, che viveva in capanne di fango a Msinga. A parte un migliaio di dollari avuti da Pete Seeger, le sue entrate venivano da quelle accanite gare canore che duravano una notte intera, e che rimangono tuttora una parte centrale della vita degli zulu cittadini. Quasi ogni fine settimana Solly e gli Evening Birds affittavano un'auto e partivano per andare a cimentarsi in luoghi lontani, tornando sempre vittoriosi. I concorrenti provavano di tutto, inclusi i filtri magici, per rendere le loro voci aspre e alte come quella di Solomon, ma non funzionava. Questi ragazzi di campagna ormai invecchiati salivano sul palco e davano il meglio di loro stessi, in una tale estasi di entusiasmo che le lacrime finivano per rigare il volto di Solly. A quel punto il pubblico impazziva e gli Evening Birds vincevano ancora una volta il primo premio: a volte un trofeo, a volte denaro,altre volte una mucca che macellavano, arrostivano e dividevano con i loro fan mentre sorgeva il sole. Accecato dalle adulazioni Solomon non rimase particolarmente turbato quando la sua canzone si trasformò in The Lion Sleeps Tonighte e arrivò in vetta alle classifiche mondiali. ''Era felice'', dice sua figlia Fildah. ''Non pensava che spettasse qualcosa anche a lui''. Fildah è la più grande dei figli di Solomon ancorain vita, una donna affascinante che porta un'acconciatura di perline nei capelli e un bracciale di pelle di capra al polso destro, segno distintivo del fatto che è una sangoma, una sciamana. Sua sorella Elizabeth lavora come infermiera in un ospedale pubblico, ma mi ha confessato ridacchiando che anche lei è una sangoma.Una terza sorella, Delphi, è appena stata operata di artrite, ma sotto la direzione di sua sorella ha fatto anche uso di medicine ancestrali - una pianta che si chiama umhlabelo, a quanto pare. Elizabeth ha anche pensato che una serpe d'acqua le sarebbe stata utile, ma non è riuscita a trovarla. Anchse vivono nella periferia di una città, la loro cultura è profondamente zulu. La gente era gelosa, perché vinceva tutte le volte, spiega la vecchia zia Beauty. ''Dicevano: 'Ti prenderemo'. E così l'hanno stregato''. Elizabeth mugugna qualcosa su un'insufficienza renale, ma è daccordo sul fatto che ci fosse qualcosa di strano nel modo in cui il male di suo padre rispondeva negativamente a ogni trattamento. Nel periodo in cui era uscita The Lion Sleeps Tonight lui entrava e usciva continuamente dall'ospedale. Morì l'8 ottobre del 1962..
LE RETICENZE DELL' AVVOCATO TUCKER.
L' influenza di Solomon è rimasta nel tempo, tanto che il canto corale maschile degli zulu in genere ha preso il nome di ''mbube music''. Gli etnomusicologi hanno scovato le prime registrazioni degli Evening Birds e Solomon, dopo morto, ed è stato elevato al rango di grande maestro: ''Una delle più importanti figure nella storia della musica sudafricana'', secondo il professor Veit Erlmann dell'Università del Texas.
Celebri rappresentanti dello mbube delle ultime generazioni, come i Ladysmith Black Mambazo, quando hanno raggiunto il successo hanno mandato dei regali a casa di Solomon, come tributo allo spirito di un uomo venerato. E poi sono arrivato io, facendo domande sui soldi. Mi è subito stato chiaro che le figlie non avevano alcuna idea di tutela dei diritti musicali e diavolerie annesse. Tutto quel che sapevano era che ''qualcuno là fuori faceva qualcosa con la canzone di loro padre'', e che delle sommette venivano periodicamente depositate nel loro conto comune in banca da parte di un'entità misteriosa a cui non sapevano dare un nome. ''Il signor Tucker ci aiuta'', dicevano. ''Lui sa tutto''. Raymond Tucker è un avvocato bianco che ha i suoi uffici in una grandiosa residenza coloniale poco fuori dal centro di Johannesburg. Al telefono mi ha spiegato che Pete Seeger e la Tro lo avevano contattato a metà degli anni Sessanta chiedendogli di fare da tramite per i pagamenti dovuti alla vedova di Solomon. Tucker era onorato di poter dare il suo aiuto, diceva. Mentre parlava con me, sfogliava le sue carte, assicurandomi che i pagamenti delle royalties arrivavano con grande regolarità e con conteggi precisi, totalmente e assolutamente alla luce del sole. Le figlie di Solomon sono rimaste sorprese nel sapere che la madre aveva ricevuto royalties fin dagli anni Sessanta. La vedova di Solomon, Regina, era una contadina analfabeta, senza lavoro e con sei bocche da sfamare. La morte di suo marito, nel 1962, era stata una vera tragedia. Lei distillava birra e la vendeva, nel disperato tentativo di sopravvivere. Le ragazze andavano a scuola scalze, prendevano appunti su schegge di ardesia e andavano a letto affamate. Per anni non hanno potuto celebrare riti funebri per il padre - fondamentali nella cultura zulu - perché non avevano abbastanza soldi per pagare un sangoma che li officiasse. ''Questa casa era fatta di mattoni nudi. Niente soffitto, niente intonaco, niente mobili, solo uno sgabello e una stufa a carbone'', ricorda Elizabeth. Lei e le sorelle pensavano che i soldi ''da fuori'' fossero arrivati solo dopo il 1980. È allora che hanno eretto una lapide per loro padre, che dal 1962 giaceva in una fossa comune per poveri. Ecco perché si ricordavano bene l'anno. Ho chiesto a Tucker se potevo vedere le sue carte, ma lui ha tergiversato, aggrappandosi al segreto professionale. Ho ottenuto una lettera di presentazione dalle figlie, e l'ho chiamato per discuterne, ma mi ha sbattuto il telefono in faccia. Gli ho mandato un messaggio in cui sottolineavo che le figlie avevano legalmente e moralmente diritto ad avere quelle informazioni. In risposta mi sono arrivate una serie di lettere che mi ricordavano che lui non aveva niente a che fare col conteggio delle royalties e mi accusava di presentarmi ipocritamente come ''cavaliere senza macchia'', mentre ero invece un ipocrita cacciatore di scoop. ''Non ho alcuna intenzione di aiutarla nella sua indagine'', ha sibilato Tucker, dicendo che avrebbe parlato solo con un avvocato. Sconfitto su quel fronte, ho mandato un e'mail a Larry Richmond chiedendogli di indicarmi l'importo e la natura dei pagamenti corrisposti dalla Tro alla famiglia di Solomon. ''Ci vorrà un po' di tempo per rispondere alla tua lettera'', mi ha risposto. I mesi passavano, ma non succedeva nulla. Così ho provato con Harold Leventhal, il signore con l'aria da nonno che una volta amministrava gli affari degli Weavers. ''Stai girando a vuoto'', mi ha detto, compatendomi. ''Tutto quel che puoi fare è raccontare cosa ti è successo, o non finirai mai il tuo pezzo''. Un uomo saggio avrebbe seguito questo consiglio, ma io ho insistito, fino a quando qualcuno si è impietosito e mi ha procurato dei documenti chiave. Sono rimaste delle parti poco chiare, ma almeno ho scoperto perché dagli Stati Uniti erano così restii a darmi le informazioni: a quanto pare la famiglia di Solomon ha ricevuto solo il 12,5 per cento delle royalties su Wimoweh e una minuscola porzione di quelle su The Lion Sleeps Tonight. I pagamenti per Lion erano solo per i diritti d'esecuzione, i soldi che si guadagnano quando una canzone viene trasmessa alla radio. All'inizio degli anni Novanta le somme ammontavano in media a circa 275 dollari a trimestre. Ma chi ci autorizza a far tante storie? Quel denaro aiutava la vedova a nutrire i suoi figli, e le ha consentito di far studiare le due più piccole, Elizabeth e Adelaide. Non era molto, ma comunque abbastanza per costruire nel loro cortile una piccola baracca di lamiera da affittare per guadagnarci un po'; perfino abbastanza per aprire un piccolo negozio vicino al cancello. Per uno standard occidentale la loro era una condizione di terribile povertà. Ma dal loro punto di vista questa era una conclusione felice. Fino a quando non sono arrivato io, rivelando quanto avrebbero dovuto ricevere veramente.
Parte terza
UNA STRANA CAUSA.
È il novembre del 1991 in un'anonima sala riunioni nel quartier generale della American Arbitration Association a New York. Al capo di un lungo tavolo siedono tre avvocati di lunga esperienza nel campo dei diritti dautore che saranno i giudici in questo procedimento. Schierate di fronte a loro ci sono le due parti avverse: tutti gli attori dell'episodio di plagio di The Lion SleepsTonight in persona, o i loro rappresentanti legali. Hugo Peretti è morto qualche anno fa, ma dall'ultima volta che li abbiamo incontrati la fortuna ha arriso a tutti gli altri. Howie Richmond è stato per un po' l'editore musicale dei Rolling Stones e dei Pink Floyd ed è ricco oltre ogni immaginazione. Anche il suo braccio destro Al Brackman - che ha avuto il 10 per cento su tutti gli affari di Howie - è ricco, e campa facendo dei giretti in barca nei fine settimana o svernando nella sua seconda casa vicino a San Diego. Luigi Creatore si è ritirato in Florida con i proventi dei suoi molti successi discografici, e George Weiss è un compositore di successo di colonne sonore e musical. Perché allora spendono il loro tempo rinchiusi qui dentro con degli avvocati? È un'altra lunga storia. Nell'autunno del 1989, proprio quando il primo copyright su The Lion Sleeps Tonight stava per scadere, George Weiss ha fatto notificare a Howie e Al che lui e i suoi coautori avrebbero dispensato la Tro dai servizi di edizione al rinnovo del termine, a meno che gli editori non pagassero un ingente bonus. Se non lo avessero fatto, i tre autori avrebbero rinnovato il copyright di Lion con i loro nomi e poi avrebbero pubblicato la canzone da soli, tagliando completamente fuori Howie e Al e intascandosi anche la loro quota del 50 per cento. Gli editori erano indignati, e hanno risposto che Lion non sarebbe neanche esistita se loro non avessero permesso a Weiss e amici di plagiare la musica di Mbube e Wimoweh. Il terzetto ha reagito: come fate ad accusarci di avervi rubato qualcosa che voi stessi ci avete dato nel 1961? La disputa è finita in tribunale nel 1990, e si è risolta con questo arbitrato pochi mesi dopo: una banda di ricchi bianchi americani che litiga per il possesso della più famosa melodia che sia mai uscita dall'Africa. Tutta l'industria musicale sta col fiato sospeso, perché questi uomini sono vere colonne del mondo dello spettacolo degli Stati Uniti. Al siede nel direttivo dell' Associazione editori musicali. Howie è membro fondatore della Accademia degli autori di canzoni. George Weiss è presidente del Sindacato degli autori di canzoni e un infaticabile paladino dei bistrattati diritti dei compositori. In quanto tale, non può ammettere che The Lion SleepsTonight sia una violazione compiuta contro il lavoro di un collega compositore, e quindi non lo dice. Certo, di-chiara durante l'interrogatorio, i Tokens ''hanno messo insieme la musica usando qualche tema che avevano sentito sul disco degli Weavers''. E allora? Weiss dice che a lui avevano detto che Wimoweh era solo un'interpretazione di Pete Seeger di ''una vecchia cosa africana'', e che quindi loro non hanno plagiato nessuno. Per dimostrarlo Weiss fa vedere le note di copertina di un vecchio disco di Miriam Makeba, in cui Mbube viene definita ''una nota canzone zulu sulla caccia al leone''.
Il disco della Makeba in cui è contenuta Mbube
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La Tro contrattacca presentando un documento ingiallito in cui si dimostra che Mbube era un pezzo assolutamenteoriginale. A questo punto Weiss arretra, dicendo in sostanza: ''Ma guarda, non ne avevo idea'', e l'audizione si sposta sulla questione centrale, ossia la validità del contratto del 1961 fra la Tro e il trio di autori di Lion. Redatto in uno spirito incestuoso tipo se tu dai una cosa a me io poi do una cosa a te, il contratto concede a Weiss e amici di fare libero uso di Wimoweh e/o Mbube per The Lion Sleeps Tonight, senza pagare alcuna royalty all'autore delle canzoni utilizzate. A questo punto, tra lo stupore di molti, quelli della Tro cominciano a gridare: ''Un attimo! Il nostro contratto è impreciso! La musica che hanno usato non è mai appartenuta a loro! Non possono appropriarsene così!'', presentandosi come i difensori dei diritti degli eredi di Solomon Linda e accusando apertamente i loro avversari di ''avidità''. ''La parte convenuta vuole privare la famiglia del signor Linda delle royalties che le spettano, dichiara Larry Richmond, dirigendo la sua indignazione contro George Weiss. ''Il presidente del Sindacato degli autori dovrebbe proteggere le povere famiglie dei compositori'', dice, ''e non derubarle''. Di fronte a tali accuse la parte di Weiss dichiara che se vincerà la causa darà una quota ai successori di Solomon. Gli editori allora alzano la posta, dichiarando che la famiglia ha pieni diritti sulla metà delle enormi spoglie di Lion.
VOLTA FACCIA.
Curioso, no? Se la Tro avesse insistito per una simile distribuzione dei guadagni nel 1961, le figlie di Solomon potrebbero essere miliardarie, ma nessuno le ha informate che c'era questa causa in atto, e quindi non c'era nessuno a vincere o perdere per loro. Neanche gli arbitri si sono lasciati impressionare: hanno attribuito The Lion Sleeps Tonight a Weiss e Co, a condizione che mandassero il dieci per cento dei diritti d'autore sulle esecuzioni alla famiglia. La disposizione entrava in vigore il 1° gennaio del 1992, proprio quando la canzone stava per vivere un nuovo momento di popolarità. Quell'anno una nuova versione della canzone è entrata nelle classifiche giapponesi. La versione dei Pow Wow è salita al primo posto in Francia nel 1993. Poi è arrivata la Disney. La canzone era già stata usata in almeno altri nove film, ma Il Re Leone ha avuto un successo strepitoso. Ogni bambino sul pianeta voleva avere il video e il cd. E la registrazione dei Tokens è tornata a sorpresa nelle classifiche statunitensi. George Weiss è riuscito a malapena a celare la sua soddisfazione. Questa canzone ha qualcosa di magico, ha detto ai giornalisti. Speravo di riuscire a parlare di magia e di Solomon Linda con Weiss, ma il suo avvocato mi ha detto che era fuori città e irraggiungibile. Dopo lunghe e infruttuose ricerche ho rinunciato, sono tornato in albergo e gli ho scritto una lettera. Weiss mi ha mandato un fax di risposta quasi subito, dicendo che era ''addolorato'' di sentire che Solomon era stato trattato male nel passato. ''Come può ben vedere'', continuava, ''non è stata colpa nostra. Noi non avevamo nessun obbligo legale col signor Linda, ma quando abbiamo ripreso i diritti della nostra canzone abbiamo fatto ciò che ci sembrava giusto, dando una quota dei profitti alla sua famiglia''. Un bel gesto, certo, ma quanto ha guadagnato Lion negli anni Novanta? Un milione di dollari? Due? Tre? Dieci? E che percentuale è arrivata a Soweto? A giudicare dai pezzi di carta stropicciati delle figlie di Solomon, il dieci per cento delle royalties per l'esecuzione ammonta a circa ventimila dollari in dieci anni. Sono una bella somma per gli standard di Soweto, ma distribuita lungo tutto questo periodo non fa molta differenza. La casa di Solomon Linda è sempre senza tetto, e diventa un forno sotto il sole dell'estate africana. L'intonaco dei muri esterni si stacca; bambini che strillano ovunque; tre radio accese all'unisono. Ci vivono quattordici persone; quasi tutti dormono sul pavimento. L'ultima volta che ci sono stato, nel gennaio scorso, la cucina era vuota. C'erano solo sei barattoli e un tavolo di formica.
LE FIGLIE DI SOLOMON.
Le sorelle c'erano tutte: Fildah, con la sua acconciatura da sangoma avvolta in uno scialle rosso acceso; Elizabeth e Delphi col vestito della domenica; Adelaide, che oscillava avanti e indietro su una sedia, lo sguardo fisso, il sudore che le colava sulle guance scarne. Io ero andato da loro per raccontare le mie avventure nelle misteriose terre d'oltremare, e avevo portato una pila di documenti legali che facevo del mio meglio per spiegare. Ho raccontato di Paul Campbell; dell'entità fittizia che sembrava essersi appropriata di tutto quel denaro che sarebbe spettato a loro; di Larry Richmond, che piangeva lacrime di coccodrillo in un procedimento giudiziario che avrebbe potuto cambiare il loro destino, se solo ne fossero state al corrente. E alla fine gli ho mostrato la lettera in cui George Weiss mi assicurava che le somme che i suoi dipendenti stavano versando sul conto della madre, che è morta e sepolta da dieci anni, erano una quota ''equa e corretta''. Le figlie non avevano mai sentito parlare di questi stranieri, ma avevano un'idea precisa del perché era accadutotutto questo. ''È perché papà non è andato a scuola'', ha detto Elizabeth. ''Firmava qualunque cosa gli dicessero di firmare. Forse ha firmato molte altre carte''. Tutti hanno sospirato.Non c'era altro da fare.
Le figlie di Solomon Linda davanti alla loro casa, gennaio 2000. Da sinistra: Elizabeth, Adelaide, Fildah e Delphi
Parte quarta
ARRIVA LA MORALE.
Una volta, tanto tempo fa, uno zulu si è messo al microfono e ha improvvisato una melodia che ha fatto molti miliardi. Che a Solomon Linda non arrivasse quasi niente di quei soldi probabilmente era inevitabile. Era un nero nel Sudafrica governato dai bianchi, ma i suoi equivalenti americani non se la passavano molto meglio. Il contributo di Robert Johnson alla storia del blues non è mai stato riconosciuto pienamente. Lead Belly ha perso metà delle musiche da lui realizzate a vantaggio dei suoi protettori bianchi. Il dj Alan Freed accettò di promuovere Maybellene di Chuck Berry solo in cambio di una quota come coautore. Whole Lotta Love dei Led Zeppelin era rubata da Willie Dixon.
Tutti i musicisti erano pesci piccoli nella catena alimentare della musica pop, ma i neri erano i più vulnerabili, e Solomon Linda, un indigeno analfabeta di una valle selvaggia in cui ruggiscono i leoni, era totalmente privo di difese contro dei predatori sofisticati. Questo non vuol dire che sia stato truffato. Al contrario, tutti gli accordi erano perfettamente legali, e redatti da uomini onesti. A Solomon non spettava nulla. Il fatto che qualche soldo l'avesse ricevuto sembrava solo una prova che i padroni non erano totalmente privi di coscienza o comprensione umana. A quel punto mi sono messo a scrivere lunghe lettere a George Weiss e Larry Richmond, prendendo le distanze dai pii moralisti che potevano considerarli dei pescicani e suggerendo addirittura una nuova linea filosofica da seguire. ''La sola cosa peggiore che essere sfruttati'', riflettevo, è ''non essere sfruttati per nulla''. E poi ho fatto un elenco di tutti ivantaggi di cui il vecchio Solomon aveva goduto grazie alla creazione della melodia più famosa che sia mai uscita dall'Africa: una sterlina in contanti, la notorietà, l'adulazione e l'alta considerazione; diversi completi eleganti, un grammofono a manovella, un assegno da Pete Seeger e una piccola frazione di royalties che avevano consentito alle figlie di non vivere nella miseria più completa. Tutto sommato, concludevo, bisognerebbe fare causa a chi dice che Solomon Linda è stato vittima di un'ingiustizia. Poi mi sono seduto ad aspettare che qualcuno lo facesse. Ho aspettato invano. I mesi passavano. Le stagioni si avvicendavano. Questo articolo era finito e stava per andare in stampa, ma io ero ossessionato dal pensiero di non aver fatto tutto quel che potevo. Allora ho mandato un ultimo appello ai pezzi grossi delle edizioni musicali negli Stati Uniti. E - miracolo! - Howie Richmond mi ha risposto, dicendo che voleva accettare la responsabilità per alcuni ''grossolani errori''. La colpa di quella ''tragica situazione'', continuava Howie, era di un funzionario di Gallo, morto da tempo, che non aveva mai voluto produrre una prova scritta della paternità di Solomon per Mbube. Oltre a ciò Howie insisteva che la Tro aveva pagato ''royalties semestrali'' a Solomon ''fin dal primo successo commerciale di Wimoweh nel 1951''. Ma il documento che forniva per fondare le sue affermazioni indicava che i pagamenti regolari - a parte almeno uno, l'assegno di Pete Seeger, negli anni Cinquanta - erano cominciati circa undici anni dopo. Ha detto che Pete Seeger non aveva mai approfittato del suo adattamento, poi ha detto che Seeger aveva in realtà ricevuto una quota, ma che ''probabilmente era andata ad associazioni non profit'' e/o era stata pagata alla vedova di Solomon. Ma perché lamentarsi: sembrava che Howie avesse proprio il cuore al posto giusto!
FINALE.
Poi una mattina mi ha chiamato Elizabeth, la figlia di Solomon Linda, e mi ha raccontato che dei criminali si erano introdotti nella sua nuova casa qualche notte prima puntando le armi da fuoco contro tutta la famiglia e derubandola di tutti i suoi averi. La sua porta d'ingresso penzolava ancora dai cardini, quindi non poteva uscire per andare a controllare se fosse vero quello che aveva sentito dalla sua banca. Ho controllato io per lei e l'ho richiamata un'ora dopo. ''Sul tuo conto sta arrivando un fiume di dollari dall'America'', le ho detto. ''Quasi 15 mila dollari negli ultimi dieci giorni''. Per gli standard locali è un grande patrimonio. Per un bel po' Elizabeth non ha detto niente. Non posso esserne certo, ma mi sembrava che piangesse. Il colpo di fortuna è dovuto al fatto che Wimoweh è stata usata in una pubblicità per un albergo negli Stati Uniti. Una grossa fetta dei guadagni era stata data a Pete Seeger, che l'aveva rimandata indietro. Sembra che per tutto questo tempo avesse ricevuto lui le royalties della canzone. ''L'ho appena scoperto'', mi ha detto Pete Seeger al telefono. ''Non lo sapevo''.
L'AUTORE DEL PEZZO
Rian Malan è uno dei più celebri scrittori sudafricani contemporanei. Ha passato molto tempo in esilio volontario per protesta contro l'apartheid. Oggi vive di nuovo a Johannesburg, e ha raccontato la sua esperienza in My Traitorís Heart: A South African Exile Returns to Face His Country (Grove).
I DISCHI
Solomon Linda and the Evening Birds sono i protagonisti di Mbube Roots: Zulu Choral Music from South Africa,S1930s-1960s (Rounder Records). Questa preziosa compilation - curata dal professor Veit Erlmann, una delle massime autorità sulla musica zulu - presenta tre rare registrazioni di Linda. Tra queste Mbube, nella sua prima versione assoluta. La trasformazione di Mbube in Wimoweh, realizzata da Pete Seeger e dai suoi Weavers, può essere ascoltata su The Weavers: Best of the Decca Years (Mca) o, dal vivo, su TheWeavers at Carnegie Hall(Vanguard). Tra le versioni degli anni Cinquanta, spicca quella stravagante di Yma Sumac, ''l'usignolo del Perù'' in The Ultimate Yma Sumac Collection (Capitol/Emi).
L'ulteriore trasformazione di Wimoweh in The Lion Sleeps Tonight da parte dei Tokens si può trovare su quasi tutti gli album del gruppo - come The Lion Sleeps Tonight (Rca/Bmg) - o su innumerevoli raccolte di successi degli anni Sessanta. Tra le versioni degli ultimi quarant'anni seganlerei quella di Karl Denver, che fece arrivare la canzone in Europa (Wimoweh, Hallmark) e quella di Manu Dibango, che la riportò in Africa con la collaborazione dei Ladysmith Black Mambazo (Wakafrica, Giant).
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