Man'ish Boy (A Raw And Beautiful Thing) è un disco con i fiocchi. Il lavoro di Darius Jones e del suo trio sorprende non solo perchè si tratta di un esordio (anche se a coadiuvarlo sono lo stratosferico Cooper Moore al basso e l'ottimo Bob Moses alla batteria), ma soprattutto per l'alto tasso qualitativo di otto tracce sudate e viscerali che grondano blues e gospel malato da tutti i pori. Per una recensione più dettagliata (aspetti tecnici o quant'altro) vi lascio ai tipi di Allaboutjazz . Per quanto mi riguarda, mi premeva segnalare e consigliare (caldamente) questo lavoro, perchè lo considero uno dei dischi di impro-jazz (o fre jazz, se preferite) più belli degli ultimi tempi.
domenica 28 febbraio 2010
A Raw And Beautiful Thing
Man'ish Boy (A Raw And Beautiful Thing) è un disco con i fiocchi. Il lavoro di Darius Jones e del suo trio sorprende non solo perchè si tratta di un esordio (anche se a coadiuvarlo sono lo stratosferico Cooper Moore al basso e l'ottimo Bob Moses alla batteria), ma soprattutto per l'alto tasso qualitativo di otto tracce sudate e viscerali che grondano blues e gospel malato da tutti i pori. Per una recensione più dettagliata (aspetti tecnici o quant'altro) vi lascio ai tipi di Allaboutjazz . Per quanto mi riguarda, mi premeva segnalare e consigliare (caldamente) questo lavoro, perchè lo considero uno dei dischi di impro-jazz (o fre jazz, se preferite) più belli degli ultimi tempi.
Piccole-grandi meraviglie del jazz # 6: Archie Shepp - Attica Blues (Impulse!, 1971)
Un classico dell'epoca in cui il jazz era ''militante'', ma anche disposto a lasciarsi infettare dal gospel e dalla ''funkadelia'' di Sly Stone e George Cliton. Il blues intonato in onore dei 43 carcerati uccisi pochi mesi prima, durante una rivolta nel penitenziario di Attica è insieme struggente e avventuroso. L’album contiene dieci tracce, inclusi due interludi, tutte di altissimo livello e si apre con il brano che da il titolo al disco ''Attica Blues'', appunto, uno standard riaffiorato con prepotenza già ai tempi dell'acid jazz (ricordate i Galliano?), un misto di spiritual, jazz e funk indiavolato (due bassi, quattro percussioni, una chitarra con wah-wah a manetta, violini, tastiere, la voce di Henry Hull...) all’interno dei quali Archie trova l’alchimia giusta per dare vita ad un classico senza tempo.
''Steam'' è una meravigliosa partitura dove la voce di Joe Lee Wilson si incatena perfettamente al sax di Shepp. Il monumentale ''Blues for Brother George Jackson'' è classico R&B portato tra le mani di un maestro. ''Ballad For A Child'' (vibrante protesta con grandi dosi di lirismo) e ''Good Bye Sweet Pops'', hanno verve ellingtoniana (al lavoro c'è una big band vera e propria in cui figurano i solisti del rango di Marion Brown, Leroy Jenkins e Billy Higgins). ''Quiet Dawn'' è un tema strano, quasi irreale (cantato e composto, sembra, dalla stessa figlia di Shepp con 7 anni d'età) a chiudere un disco che, assieme al successivo ''The Cry Of My People'' (download) rappresenta una delle pagine più alte del jazz ''militante'' di sempre.
Piccole-grandi meraviglie del jazz # 5
sabato 27 febbraio 2010
Piccole-grandi meraviglie del jazz # 4
Persone che sanno come dirre addio
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Un salto nel sixties garage # 7: The Standells
Un salto nel sixties garage # 6: The Kingsmen
venerdì 26 febbraio 2010
Un salto nel sixties garage # 5: Count Five
Un salto nel sixties garage # 4: Chocolate Watch Band
Un salto nel sixties garage # 3: The Shadows Of Knight
Un salto nel sixties garage # 2: The Sonics
Un salto nel sixties garage # 1: The Seeds
Iniziamo dalla fomazione originale : Sky Saxon - voce, basso; Jan Savage - chitarra; Rick Andridge - batteria; Daryl Hooper - organo. La band di Sky Saxon (alias di Richard Marsh) nota al mondo garage per l'anthem ''Pushin Too Hard'' è uno dei gruppi più importanti (se non il più importante) dell'intera scena losangelina dei mid sixties. Richard Marsh (tra l'altro scomparso da poco, il 25 Giugno scorso ad Austin, in Texas) è nativo di Salt Lake City (1937), ma molto givane si sposta a Los Angeles dove, dopo un lungo girovagare attraverso piccole bands riesce finalmente a formare i Seeds. Nell'estate del 1966, dopo qualche singolo, esce la già citata ''Pushin Too Hard'' che diventerà un successo, spalancando ai Seeds la possibilità di incidere il loro primo notevolissimo, omonimo album. Il gruppo è immediatamente popolare, Saxon/Marsh che si diverte talvolta a firmarsi anche Marcus Tybalt è una piccola star. E così verso la fine dello stesso anno esce anche il loro secondo disco: ''A Web Of Sound'' è un'altro notevole album, impreziosito dalla lunga ipnotica suite ''Up In Her Room''. Il suono duro e grintoso di ''Pushin Too Hard'', la bellezza di ''Can't Seem To Make You Mine'', fanno comunque del primo album il classico di sempre. Nel download i due dischi sonno raccolti in un unico zip, a disposizione di chi volesse calari nel magico mondo di questa band straordinaria.
Note dal sottosuolo: le radici di psichedelia e garage
La psichedelia o acid rock ha la sua nascita ufficiale verso la metà degli anni sessanta nel quartiere di Haight-Ashbury in quel di San Francisco: nascita ufficiale, in quanto le cronache hanno descritto la musica psichedelica prima nella Bay Area, poi, con qualche anno di ritardo, hanno scoperto la sua esistenza, più o meno avvenuta nello stesso periodo, anche in Texas, a Los Angeles ed a New York. Il termine psichedelia, inteso musicalmente, sta a significare musica creata ad hoc per i ''viaggi'' sotto l'effetto di acidi e droghe varie. Le principali band di Haight-Ashbury (cioè Jefferson Airplane, Greateful Dead, Quicksilver Messenger Service...) avevano creato un suono abbastanza particolare: brani piuttosto lunghi rispotto i canoni dell'epoca, effetti elettronici, uso di musica orientale, indian raga e, molto importante, l'introduzione dell'improvvisazione nella musica rock, alcune volte con risultati dubbi ma, come per esempio nel caso di ''Dark Star'' dei Greatefule Dead o di ''Happy Trails'' dei Quicksilver, anche con invenzioni ed idee che hanno contribuito a rendere adulto il rock tutto e a creare i primi connubi con una free form che è poi sfociata anche nel jazz-rock. La psichedelia si è poi sviluppata a macchia d'olio nel corso della seconda parte dei sessanta, con decine e decine di nuovi gruppi, tanto da creare un genere: non tutta la musica che si riferiva alle droghe però era necessariamente psichedelica, mentre la musica psichedelica stessa non si doveva riferire necessariamente alla droga.
Per concludere vi anticipo una piccola lista con alcuni dei gruppi che saranno (o potrebbero) essere oggetto dei prossimi post (un po' per volta...): Blue Magoos, Chocolate Watch Band, Count Five, Electric Prunes, Fire Escape, Haunted, Kingsmen, Litter, Love, Question Mark & The Mysterians, Music Machine, Remains, Rising Storm, Seeds, Shadows Of Knight, Sonics, Standells, Moving Sidewalks, Strawberry Alarm Clock, We The People ... per il garage; 13th Floor Elevators, Big Brother & The Holding Co., Country Joe & The Fish, Greateful Dead, Jefferson Airplane, Kailedoscope, Charlatans, Insect Trust, Mad River, Missing Links (australiani), , Steve Miller Band, Moby Grape ecc.. per la psicheleia e il blues psichedelico.
mercoledì 24 febbraio 2010
Ascoltate e godetene tutti!
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Ali Farka Touré & Toumani Diabaté
(World Circuit-Nonesuch, 2010)
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Download
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Piccole-grandi meraviglie del jazz # 3: Charlie Mingus - Blues And Roots (Atlantic, 1959)
Piccole-grandi meraviglie del jazz # 2: Max Roach - We Insist! Freedom Now Suite (Candid, 1960)
martedì 23 febbraio 2010
Piccole-grandi meraviglie del jazz #1
domenica 21 febbraio 2010
Punk su carta
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In una Inghilterra in crisi a causa della crisi petrolifera del 1973, della disoccupazione e dell'IRA, il punk rappresentò un repellente in grado di generare un forte immaginario audiovisivo: ''Il dadaismo, l'arte pop e l'Internazionale Situazionalista gettarono le basi di un linguaggio crudo e facilmente riconoscibile. L'intenzione era lanciare messaggi nichilisti senza mirare al passato'' (Mott). Anche attraverso posters, fanzins, copertine di dischi e flyers, accessibili ed economici; un'alternativa valida a televisione e radio attraverso uno spirito esattamente opposto a quello dell'omologazione. Una rivendicazione da parte di un mondo che faceva dell'imperfezione la sua bandiera (anche se poi viene da sorridere pensare a come anche un mesaggio così autodistruttivo con il tempo si sia trasformato in un espediente visuale di puro marketing).
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Sotto solo alcuni dei cimeli raccolti nell' esposizione:
X-Ray Spex flyer (Anonimo). La band di punk al femmine X-Ray Spex annunciava con questo foglietto fotocopiato uno dei suoi primi concerti. Il collage di moda, musica e diversione presentato dalla band anticipò e ispirò il movimento dei primi anni novanta denominato riot grrrl (''Sorprende come la sua energia trafigge il foglio. E' tutto quello a cui il punk aspirava e doveva essere'' Mott)
La copertina di ''Orgasm addict'' (Buzzcocks). Nel 1977 la cantante, musicista (Ludis ecc), artista (sul palco e fuori), visual artist prima ancora e sino ai nostri giorni, Linda Mulvay in arte semplicemente Linder Sterling (Liverpool, 1954), disegnò una delle immagini arty più importanti dell'iconografia punk che, a distanza di 33 anni continua a far parlare di se. La copertina in questione presenta un collage con una donna con al posto della testa un ferro da stiro. Sterling spiegò poi che ''the iron came from an Argos catalogue and the female torso came from a photographic magazine called "Photo". I never cleared the copyright but no one noticed, so it was alrigh'' (traduzione: il ferro da stiro è stato preso da un catalogo della Argos mentre il torso della donna è stato preso da un magazine chiamato "Photo". Non ho mai ottenuto un'autorizzazione, ma nessuno se ne accorto, quindi era ok).
Sniffing Glue. Fanzine seminale del 1976 che il suo creatore, Marc Perry (Alternative TV), chiuse un anno dopo dando esempio di una immaculata attitudine punk. Perry se ne fotteva della forme ortografiche, grammaticali o della resa estetica e mise insieme mucchi di fogli con titoli scritti a mano e con umore sfacciato..
My rules photozine. Il punk superò le frontiere. Ce lo insegna il primo e unico numero di questa pioniera photozine, ideata dal fotografo Glen E. Friedman nel 1982, che documentò la scena punk-hard-core nord americana, creando il primo vincolo tra il punk e la cultura skate.
. La copertina di ''God save the queen'' (The Sex Pistols). L'artista britannico Jamie Red creò uno delle più grandi icone pop del ventesimo secolo ispirandosi ai manifesti del maggio del '68. Una delle immagini più rivisitate che invita ogni nuova generazione a chiedersi: che cos'è punk oggi?
Una discografia in levare # 2: The Congos - Heart Of The Congos
All'interno dello studio, la batteria è separata dal resto della sala da un pannello, chitarra e basso sono sul lato destro, a sinistra c'è la tastiera e al centro i microfoni per l'eventuale sezione fiati presente alle prove o alle registrazioni. Il cantante o i cantanti sono separati da un altro pannello plastificato e Perry, gestisce dietro alla sua infernale consolle e registra tutto su un 4 piste. Consederato a ragione uno dei capolavori degli anni Settanta nell'ambito della musica giamaicana, l'album beneficia della grande professionalità degli stessi artisti, ma anche del produttore e dei fonici presenti.
sabato 20 febbraio 2010
O Hawai'i Nei appendix (una piccola discografia "hawaiana")
GABBY PAHINUI & RY COODER
The Gabby Pahinui Hawaiian Band Vol 1 (Panini 1975, 1991)
BOB BROZMAN & CYRIL PAHINUI
Four Hands Sweet & Hot (Windham Hill Records, 1999
Ry Cooder e Bob Brozman sono due diavolacci. Ormai se le sono fatte quasi tutte. Le musiche dell'altra parte del mondo intendo. Ry e Bob sono quel genere di artisti che portano a spasso le loro chitarre con la stessa naturalezza con cui i comuni mortali escono fuori con il cane. E come si sa, quando si incontra un altro essere dotato del medesimo animale, si incomincia a scambiare qualche parola, indipendentemente dalla rispettiva classe sociale di apparteneza. Così Cooder e Brozman, ovunque vadano si siedono e si mettono a suonare, convincendo sempre tutti che è bello scambiarsi opinioni chitarristiche. Questi due artisti, statunitensi che del loro paese si terrebbero soltanto qualche brindello country e una bottiglia di blues d'annata gettando a mare tutto il resto, devono essersi stropicciati gli occhi dalla gioia alla vista di tali messe di ukulele e chitarre di recupero giunte lì attraverso chissà quali baratti. Senza contare il fascino di voci suadenti come solo da quelle parti sanno esserlo. Questi due dischi (in compagnia, rispettivamente, di Gabby Pahinui e di Cyril Pahinui) rappresentano al meglio alcune delle loro paradisiache gite hawaiiane.
TAJ MAHAL & THE HULA BLUES BAND
Hanapepe Dream (Tradition & Moderne, 2001)
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Sornione e solare, divertente e sognante. Dal disco di Taj Mahal in compagnia della sua band delle Hawaii (Hula Blues Band) spira una piacevole brezza insulare e si sprigionano fragranti profumi tropicali. Il gusto carismatico musicista ha qui riunito quattro brani tradizionali di diversa matrice (ad esempio caraibica, degli anni intorno al 1930, nel caso di King Edward's Throne), due sue composizioni, una della Hula Blues Band, una di Richie Havens, una di John Hurt e l'ennesima All Along the Watchtower di Bob Dylan. In chiusura uno strumentale d'origine misteriosa (ma con gli inconfondibili glissando delle chitarre hawaiiane), che da il titolo al disco. La contagiosa rilassatezza con cui il lavoro è stato realizzato si percepisce all'ascolto ed è già un valido motivo per sguazzare beati tra le note ed i suoni di questa produzione. Una meraviglia!
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The Rough Guide Hawaii:
Slide and Slack Key Surfing Sound (World Music Network, 2001)
Download
Un gioiello. Compilation (forse una delle migliori della serie) che, con gusto, passa in rassegna alcuni degli artisti più rappresentativi di quelle terre (ma soprattutto acque). Se non possedete nulla in tema e voleste mettermi un po' di questa musica in casa, consiglierei di iniziare proprio da qui. Se fate il download e una volta estratto lo zip vi viene chiesta la password, copite e icollate questa: posted_first_at_chocoreve
ARTISTI VARI
Hawai'i: Under The Rainbow (Winter & Winter, 2006)
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A differenza di quanto si potrebbe pensare non si tratta di una compilation intesa a rieditare senza logica vecchie matrici buone per gli amanti dell'exotica. E' stato lo stesso proprietario dell'etichetta, Stefan Winter, a recarsi di persona nel paradiso terrestre hawaiano nel tentativo di raccogliere e documentare, come una sorta di novello Alan Lomax, quanto ancora rimane di un mondo da lui sinora immaginato, come egli stesso ha dichiarato, ''attraverso i quadri di Paul Gauguin e le visioni del Taboo di Murnau''. Registratore e microfono alla mano il suo percorso si è snodato in particolare sull'isola di O'ahu, tra canti dolcissimi, piccole percussioni, chitarrine, ukulele e steel guitar. La presenza più avvertita è comunque quella del rumore delle onde.
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Mike Cooper, compositore britannico di stanza a Roma con un amore di lunghissima data per l'arcipelago polinesiano e Haiti in particolare (a partire dalle camice che indossa) ci inoltra al disco più sperimentale del loto: Rayon Hula, uscito nel 2004 in edizione limitata per la Hipshot, etichetta personale dello stesso Cooper, e appena ristampato (ma sarebbe meglio dire riproposto in download) dalla Room 40. Per maggiori informazioni vi rimando allo splendido post di Borguez dedicato al disco dal quale potete anche accedere a una interessante intervista di Daniela Cascella al compositore.
venerdì 19 febbraio 2010
Special Podcast 2: O Hawai'i Nei (by Ethnomusic podomatic)
02. George Kainapau - O Mauna Kea
03. Alfred Apaka - Hawaiian Wedding Song
04. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
05. Linda Dela Cruz - E Mama E
06. Marlene Sai - Ku Kuna Okala
07. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
08. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
09. Lena Machado - Ho'onanea
10. Ktuh Manoa Music Library - E Mama E
11. Charles Kaipua and his Happy Hawaiians - My Yellow Ginger Lei
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12. Benny Kalama - Kealoha
13. Lena Machado - Mai Lohilohi Mai Oe
14. Lena Machado - Kalena
15. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
16. Lena Machado - Holau
17. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
18. Charles Kaipua and his Happy Hawaiians - Seabreeze
19. Bill Ali’I Lincoln - Ku’u Milimili
20. Ktuh Manoa Music Library - Unknown Groove
21. Lena Machado - Kaulana O Hilo Hanakahi
22. Linda Dela Cruz - Keala Ka
23. Richard Kauhi – I Ka Pono Ka Aina
24. Elma Kaulani Bishop - Unknown Groove
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26. Linda Dela Cruz - Baby E Kuulani E Kuulei
27. Mahi Beamer - Unknown Groove
28. Lena Machado - Kauoha Mai
29. Lena Machado - The Keyhole Song
30. Genoa Keawe - Hula O Makee
31. John K. Almeida - Ka Punahou
32. Genoa Keawe - Maunaloa
33. Gabby Pahinui - I Ka Po Meke Ao
34. Genoa Keawe - Pupu A’o Niihau
35. Hilo Hattie (Clara Inter) - Hilo Hop
36. Gabby Pahinui - Hame Pila
37. Andy Iona - Honey, Let’s go for Broke
38. Ktuh Manoa Music Library - It’s so good to be home
Calypso a Go-Go appendix # 2 (una piccola discografia calypso)
ANDRE TOUSSAINT
Bahamian Ballads - The Songs of Andrè Toussaint (Naxos, 2002)
E ancora ...
ANDRE TOUSSAINT, BLIND BLAKE, CALYPSO MAMA...
Legends Of Calypso (Arc Music, 2002)
VARIOUS ARTISTS
Calypso Awakening: From The Emory Cook Collection
(Smithsonian Folkways, 2000)
Calypso is like so... (Capitol, 1957/Scamp, 1995)
non basta esiste anche un box di tre cd della Trojan che si occupa delle faccende giamaicane del genere (brani dal 57 al '72) a cui andrebbe accoppiato anche ''Mento Madness: Motta's Jamaican Mento 1951-1956'' . Inutile aggiungere che a questa piccolissima discografia va aggiunta la ristampa 2009 del bellissimo ''Bahamian Songs'' di Blind Blake, disco di qui ci siamo già occupati, nel post Calypso appendix # 1.