Personaggione incredibile l’australiano C. W. Stoneking. Dire che nella sua vita ne ha fatte e viste di tutti i colori non è affatto un esagerazione. Arriva in giovanissima età nella terra dei canguri con la famiglia proveniente dagli Stati Uniti e lì inizia presto a suonare blues per le strade di Melburne. Per un certo periodo vive anche con gli aborigeni e nel 1998, come se non bastasse, è superstite di un naufragio a largo della costa dell’Africa occidentale. Ispirata in parte da queste incredibili esperienze la sua esoticissima ''jungle music'' o ''Jungle Blues'' che poi è anche il titolo del suo ultimo album da poco pubblicato dalla King Hokum, rivisita e rinvigorisce il cosidetto pre-war blues, il jazz di New Orleans, l’hillbilly, il calypso (che da buon viaggiatore apprende direttamente a Trinidad) e in generale tutti i suoni degli anni 20 e 30. Accompagnandosi con la sua fedelissima chitarra National Reso-Phonic (o dal banjo) Stoneking cattura l’immaginazione con la sua voce lamentosa e nostalgica e con narrazioni vivaci.
Collaudato dalla stupefacente banda Primitive Horn Orchestra (tuba, trombone, cornetta, contrabasso e batteria) l’australiano snocciola i suoi Hokum (tecniche di intrattenimento musicale divertenti che si basano su monologhi e dialoghi incentrati sull’equivoco e su simpatici doppi sensi, ma anche sulle disavventure e le disgrazie della vita) e i suoi esotici Jungle che rimandano immediatamente a figure storiche come Cab Calloway (''Jungle Lullaby'' su tutte) con la musica che continua a gracchiare in sottofondo come se uscisse da qualche vecchia registrazione impolverata quanto la voce di Stoneking, tanto che verrebbe voglia di chiedersi tra lui e il blues chi dei due abbia trovato chi. Ma in fondo, a pensarci meglio che importanza può avere se sei bianco o se sei nero, se vivi in Australia o a New Orleans, se lo fai nel 1927 o nel 2010 quando ti chiami C.W. Stoneking e hai il blues nel sangue?
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