I film sono presentati in ordine alfabetico
.
ANGELA
ANGELA
di Roberta Torre, 2002
.
.
.
Angela è un film incentrato su amori e tradimenti, dove la protagonista, (Angela, appunto) moglie di uno spacciatore di droga molto più vecchio di lei e parte attiva del suo commercio, si innamora del nuovo giovane braccio destro del marito, l'affascinante e carismatico Masino. Un triangolo ad alto rischio, cosa di cui Angela è perfettamente consapevole. La bravura della Torre (e della straordinaria interpretazione di Donatella Finocchiaro nel ruolo della protagonista) sta tutta nel costruire il personaggio della donna, nel rappresentare la sua iniziale e inutile resistenza al corteggiamento di Masino, nel rendere viva e concreta la sua matura sensualità. In Angela la mafia, nella sua variante ''a conduzione familiare'', è il contesto, non l'oggetto del racconto. La regista decide con scelta saggia di evitare qualsiasi implicazione morale, concentrandosi sulle vicende personali dei personaggi, in particolare della protagonista. Azzeccata anche la scelta di puntare sulla fotografia di Daniele Ciprì. Splendidi i brani scelti a supporto di alcune scene (Daniele Sepe, Gato Barbieri..)
.
Angela è un film incentrato su amori e tradimenti, dove la protagonista, (Angela, appunto) moglie di uno spacciatore di droga molto più vecchio di lei e parte attiva del suo commercio, si innamora del nuovo giovane braccio destro del marito, l'affascinante e carismatico Masino. Un triangolo ad alto rischio, cosa di cui Angela è perfettamente consapevole. La bravura della Torre (e della straordinaria interpretazione di Donatella Finocchiaro nel ruolo della protagonista) sta tutta nel costruire il personaggio della donna, nel rappresentare la sua iniziale e inutile resistenza al corteggiamento di Masino, nel rendere viva e concreta la sua matura sensualità. In Angela la mafia, nella sua variante ''a conduzione familiare'', è il contesto, non l'oggetto del racconto. La regista decide con scelta saggia di evitare qualsiasi implicazione morale, concentrandosi sulle vicende personali dei personaggi, in particolare della protagonista. Azzeccata anche la scelta di puntare sulla fotografia di Daniele Ciprì. Splendidi i brani scelti a supporto di alcune scene (Daniele Sepe, Gato Barbieri..)
.
.
LE CHIAVI DI CASA
di Gianni Amelio, 2004
.
LE CHIAVI DI CASA
di Gianni Amelio, 2004
.
.
Amelio, ispirato da un doloroso testo autobiografico di Giuseppe Pontiggia, accompagna nel suo film un ragazzo disabile e il padre (che 15 anni prima lo abbandonò dopo il parto tragico) verso un ospedale di Berlino (per alcune terapie) e in un successivo viaggio in Norvegia. Le chiavi di casa gioca sull'idea neorealista di far interpretare il ruolo del protagonista a un ragazzo realmente affetto da tetraparesi spastica, dando una bella lezione di lavoro sul personaggio ai virtuosismi delle star hollywoodiane a caccia di Oscar. La regia defilata di Amelio cerca il suo giovane protagonista attraverso gli occhi del padre sgomento (un Kim Rossi Stuart davvero bravo, bisogna riconoscerlo) che prova a rifuggere la commozione, si vegogna. Poi però decide di prendersi in casa il ragazzo. Gianni e Paolo, padre e figlio sconosciuti tra loro, alla ricerca del felicità e del rispetto reciproco.
.
.
Amelio, ispirato da un doloroso testo autobiografico di Giuseppe Pontiggia, accompagna nel suo film un ragazzo disabile e il padre (che 15 anni prima lo abbandonò dopo il parto tragico) verso un ospedale di Berlino (per alcune terapie) e in un successivo viaggio in Norvegia. Le chiavi di casa gioca sull'idea neorealista di far interpretare il ruolo del protagonista a un ragazzo realmente affetto da tetraparesi spastica, dando una bella lezione di lavoro sul personaggio ai virtuosismi delle star hollywoodiane a caccia di Oscar. La regia defilata di Amelio cerca il suo giovane protagonista attraverso gli occhi del padre sgomento (un Kim Rossi Stuart davvero bravo, bisogna riconoscerlo) che prova a rifuggere la commozione, si vegogna. Poi però decide di prendersi in casa il ragazzo. Gianni e Paolo, padre e figlio sconosciuti tra loro, alla ricerca del felicità e del rispetto reciproco.
.
.
LE CONSEGUENZE DELL'AMORE
di Paolo Sorrentino, 2004
di Paolo Sorrentino, 2004
.
.
Titto Di Girolamo è un un misterioso commercialista di mezz'età che trascorre le sue giornate nella hall di un albergo svizzero, guardandosi intorno, ma senza stringere relazioni sociali che vadano al di là di qualche svogliata partita a carte con gli altri ospiti dell'albergo. Di lui ci vengono pian piano forniti altri elementi, ma senza accellerare, senza esagerare. All'inizio, l'impressione è quella di trovarsi di fronte un altro di quei ricchi annoiati che non devono spaccarsi la schiena in fabbrica per mangiare il loro pasto caldo quotidiano. Man mano il regista aggiunge i tasselli del puzzle, si scopre che la sua condizione è tutt'altro che volontaria. E che certi atteggiamenti che potevano sembrare i capricci di un annoiato benestante sono invece accorgimenti quasi obbligatori per sopravvivere in un percorso privo di vie d'uscita. Di Girolamo è un antieroe rinchiuso nella gabbia di una solitudine estrema. Finchè una scheggia d'amore impazzito non gli si pianta nel cuore e gli inietta il coraggio nacessario a chiudere definitivamente la partita... Sorrentino non sbaglia niente. Toni Servillo, come sempre, è un interprete a dir poco straordinario, in grado di gestire perfettamente i ripetuti silenzi in primo piano imposti dal copione. Silenzi a cui fa da contrappunto una colonna sonora davvero azzecata : Lali Puna, Notwist, Boards Of Canada, James, Mogway, Terranova, Fila Brazilia.... Magnifico a dir poco.
Titto Di Girolamo è un un misterioso commercialista di mezz'età che trascorre le sue giornate nella hall di un albergo svizzero, guardandosi intorno, ma senza stringere relazioni sociali che vadano al di là di qualche svogliata partita a carte con gli altri ospiti dell'albergo. Di lui ci vengono pian piano forniti altri elementi, ma senza accellerare, senza esagerare. All'inizio, l'impressione è quella di trovarsi di fronte un altro di quei ricchi annoiati che non devono spaccarsi la schiena in fabbrica per mangiare il loro pasto caldo quotidiano. Man mano il regista aggiunge i tasselli del puzzle, si scopre che la sua condizione è tutt'altro che volontaria. E che certi atteggiamenti che potevano sembrare i capricci di un annoiato benestante sono invece accorgimenti quasi obbligatori per sopravvivere in un percorso privo di vie d'uscita. Di Girolamo è un antieroe rinchiuso nella gabbia di una solitudine estrema. Finchè una scheggia d'amore impazzito non gli si pianta nel cuore e gli inietta il coraggio nacessario a chiudere definitivamente la partita... Sorrentino non sbaglia niente. Toni Servillo, come sempre, è un interprete a dir poco straordinario, in grado di gestire perfettamente i ripetuti silenzi in primo piano imposti dal copione. Silenzi a cui fa da contrappunto una colonna sonora davvero azzecata : Lali Puna, Notwist, Boards Of Canada, James, Mogway, Terranova, Fila Brazilia.... Magnifico a dir poco.
.
.
GIORNI E NUVOLE
di Silvio Soldini, 2007
GIORNI E NUVOLE
di Silvio Soldini, 2007
.
.
La pellicola è lontanissima dalle commedie un po' surreali del regista milanese, come il delizioso Pane e Tulipani, per intenderci. Con l'aiuto di due grandi attori come Margherita Buy e Antonio Albanese, e attraverso una seneggiatura e una regia impeccabili, Soldini non solo ci racconta la crisi tremenda di una coppia di oggi, ma riesce a farcela vivere. La cinepresa accompagna i protagonisti nella loro discesa all'inferno passo dopo passo. Il marito ha perso il lavoro e il suo ruolo sociale in una città (Genova) che appare durissima, dove gli amici non esistono. La moglie è l'unica che riesce a reagire accettando qualunque lavoro per sopravvivere, e con quella forza insospettabile che hanno le donne nei momenti di grande crisi. In questo ruolo di donna molto forte, sotto un'apparenza mite e quasi fragile, la Buy è straordinaria. Riuscirà a trasmettere la sua vitalità all'uomo che ama, in una bellissima scena finale.
.
.
La pellicola è lontanissima dalle commedie un po' surreali del regista milanese, come il delizioso Pane e Tulipani, per intenderci. Con l'aiuto di due grandi attori come Margherita Buy e Antonio Albanese, e attraverso una seneggiatura e una regia impeccabili, Soldini non solo ci racconta la crisi tremenda di una coppia di oggi, ma riesce a farcela vivere. La cinepresa accompagna i protagonisti nella loro discesa all'inferno passo dopo passo. Il marito ha perso il lavoro e il suo ruolo sociale in una città (Genova) che appare durissima, dove gli amici non esistono. La moglie è l'unica che riesce a reagire accettando qualunque lavoro per sopravvivere, e con quella forza insospettabile che hanno le donne nei momenti di grande crisi. In questo ruolo di donna molto forte, sotto un'apparenza mite e quasi fragile, la Buy è straordinaria. Riuscirà a trasmettere la sua vitalità all'uomo che ama, in una bellissima scena finale.
.
.
GOMORRA
di Matteo Garrone, 2008
di Matteo Garrone, 2008
.
.
La storia si snoda attraverso vari itinerari individuali di persone che abitano nelle periferie di Napoli. I destini dei vari personaggi non si incrociano ne si condizionano mai. L'unico motore della società in cui vivono è il traffico di droga e il controllo del potere da parte dei clan. Nella Babele di terrazze e corridoi della città, come nelle campagne infestate di rifiuti tossici, vite diverse obbediscono agli imperativi più assurdi e inquietanti. La sceneggiatura descrive con precisione i meccanismi di dominio, di corruzione e di autodistruzione. E' un film fantastico: la regia è fluida, non nasconde niente della violenza, ma rifiuta di aderire a qualsiasi cliché. Forse, vedendo Gomorra, gli stessi camorristi potrebbero provare vergogna. Ma probabilmente sarebbe chiedere troppo al cinema.
.
La storia si snoda attraverso vari itinerari individuali di persone che abitano nelle periferie di Napoli. I destini dei vari personaggi non si incrociano ne si condizionano mai. L'unico motore della società in cui vivono è il traffico di droga e il controllo del potere da parte dei clan. Nella Babele di terrazze e corridoi della città, come nelle campagne infestate di rifiuti tossici, vite diverse obbediscono agli imperativi più assurdi e inquietanti. La sceneggiatura descrive con precisione i meccanismi di dominio, di corruzione e di autodistruzione. E' un film fantastico: la regia è fluida, non nasconde niente della violenza, ma rifiuta di aderire a qualsiasi cliché. Forse, vedendo Gomorra, gli stessi camorristi potrebbero provare vergogna. Ma probabilmente sarebbe chiedere troppo al cinema.
.
.
IL MESTIERE DELLE ARMI
di Ermanno Olmi, 2001
IL MESTIERE DELLE ARMI
di Ermanno Olmi, 2001
.
.
Se il veterano regista bergamasco ha avvertito l'esigenza di rivolgere lo sguardo al passato non lo ha fatto per evitare il presente, ma per raccontarcelo da un altro punto di vista. Il personaggio storico di Giovanni dalle Bande Nere, capitano di ventura e abile spietato condottiero al servizio di suo zio, il papa (de Medici) Clemente VII, durante la campagna contro i lanzichenecchi, ha diversi legami con l'oggi. Secondo il regista, Giovanni era un idolo dei suoi tempi, dalla popolarità paragonabile a quella di un campione sportivo odierno. In secondo luogo fu vittima del progresso: ci lasciò la pelle a causa di una delle prime bocche da fuoco impiegate in guerra (magnifiche le scene che ritraggono il protagonista inchiodato a un letto, condannato eroicamente ad un'implacabile agonia). Nelle folgoranti inquadrature si impastano i ritmi e gli scenari maestosi della natura, spogliata dal tardo autunno, dove colonne di uomini in marcia e in battaglia, si muovono tra campi, rive dei fiumi, boschi e fortificazioni, dove la fanno da padrone la nebbia, il freddo e la neve del novembre del 1526. Olmi gira senza l’ausilio degli effetti speciali, nei luoghi storici originali (Mantova, Ferrara) e li esalta con la fotografia. I campi lunghi tolgono il fiato, la cura per il dettaglio sorprende, soprattutto la ricostruzione minuziosa dei costumi d'epoca. Un cinema assoluto, magico, perché capace di rievocare sullo schermo un sentimento del tempo, dello spazio e del visibile appartenente a un'epoca lontana e perduta.
.
.
Se il veterano regista bergamasco ha avvertito l'esigenza di rivolgere lo sguardo al passato non lo ha fatto per evitare il presente, ma per raccontarcelo da un altro punto di vista. Il personaggio storico di Giovanni dalle Bande Nere, capitano di ventura e abile spietato condottiero al servizio di suo zio, il papa (de Medici) Clemente VII, durante la campagna contro i lanzichenecchi, ha diversi legami con l'oggi. Secondo il regista, Giovanni era un idolo dei suoi tempi, dalla popolarità paragonabile a quella di un campione sportivo odierno. In secondo luogo fu vittima del progresso: ci lasciò la pelle a causa di una delle prime bocche da fuoco impiegate in guerra (magnifiche le scene che ritraggono il protagonista inchiodato a un letto, condannato eroicamente ad un'implacabile agonia). Nelle folgoranti inquadrature si impastano i ritmi e gli scenari maestosi della natura, spogliata dal tardo autunno, dove colonne di uomini in marcia e in battaglia, si muovono tra campi, rive dei fiumi, boschi e fortificazioni, dove la fanno da padrone la nebbia, il freddo e la neve del novembre del 1526. Olmi gira senza l’ausilio degli effetti speciali, nei luoghi storici originali (Mantova, Ferrara) e li esalta con la fotografia. I campi lunghi tolgono il fiato, la cura per il dettaglio sorprende, soprattutto la ricostruzione minuziosa dei costumi d'epoca. Un cinema assoluto, magico, perché capace di rievocare sullo schermo un sentimento del tempo, dello spazio e del visibile appartenente a un'epoca lontana e perduta.
.
.
NUOVOMONDO
di Emanuele Crialese, 2006
di Emanuele Crialese, 2006
.
.
Fin dalle prime immagini si viene trasportati in un mondo antico, mitologico, affascinante e crudo: la povera e brulla campagna sicula del primo Novecento. C'è però una speranza per i più coraggiosi: il nuovo mondo, l'America. Crialese racconta l'odissea di tanti poveri contadini del ''vecchio mondo'', con un arte stupefacente e una straordinaria cura dei dettagli: ogni gesto, ogni sguardo è riempito di significati. Con dei personaggi splendidi. Attraverso lampi grotteschi. Che siano una povera contadina o una raffinata signorina inglese, fa poca differenza. C'è anche chi ha trovato il film troppo ''estetizzante''. A me è sembrato semplicemente straordinario.
.
.
Fin dalle prime immagini si viene trasportati in un mondo antico, mitologico, affascinante e crudo: la povera e brulla campagna sicula del primo Novecento. C'è però una speranza per i più coraggiosi: il nuovo mondo, l'America. Crialese racconta l'odissea di tanti poveri contadini del ''vecchio mondo'', con un arte stupefacente e una straordinaria cura dei dettagli: ogni gesto, ogni sguardo è riempito di significati. Con dei personaggi splendidi. Attraverso lampi grotteschi. Che siano una povera contadina o una raffinata signorina inglese, fa poca differenza. C'è anche chi ha trovato il film troppo ''estetizzante''. A me è sembrato semplicemente straordinario.
.
.
L'ORA DI RELIGIONE
di Marco Bellochio, 2002
di Marco Bellochio, 2002
.
.
Difficile scegliere tra ''L'Ora di Religione'' e l'altrettanto splendidoo ''Buongiorno Notte'' dell'anno successivo. Tuttavia opto per il primo, forse perchè ''L'Ora di Religione'' è il film che ha cercato di scuotere il cinema italiano dalla sua morte, dalla sua indolenza, dalla falsa ipocrisia. Perchè cercava di anticipare qualcosa che doveva venire, ma che non è venuto mai. Forse è stato un film postumo, o un film in ritardo e per questo non più incisivo. Una pellicola non contro la chiesa cattolica, bensì contro quel popolo sempre laico, ma cattolico quando la convenienza, la superstizione, l'indolenza dei riti sociali lo richiede. Il film racconta la crisi esistenziale di un intellettuale dei nostri giorni, ambientato in un'atmosfera oscura, quasi claustrofobica, fra severi appartamenti borghesi e aristocratici palazzi vaticani.
.
.
Difficile scegliere tra ''L'Ora di Religione'' e l'altrettanto splendidoo ''Buongiorno Notte'' dell'anno successivo. Tuttavia opto per il primo, forse perchè ''L'Ora di Religione'' è il film che ha cercato di scuotere il cinema italiano dalla sua morte, dalla sua indolenza, dalla falsa ipocrisia. Perchè cercava di anticipare qualcosa che doveva venire, ma che non è venuto mai. Forse è stato un film postumo, o un film in ritardo e per questo non più incisivo. Una pellicola non contro la chiesa cattolica, bensì contro quel popolo sempre laico, ma cattolico quando la convenienza, la superstizione, l'indolenza dei riti sociali lo richiede. Il film racconta la crisi esistenziale di un intellettuale dei nostri giorni, ambientato in un'atmosfera oscura, quasi claustrofobica, fra severi appartamenti borghesi e aristocratici palazzi vaticani.
.
.
RESPIRO
di Manuele Crialese, 2002
di Manuele Crialese, 2002
.
.
Crialese bis. ''Respiro'' è il film che aveva anticipato ''Nuovomondo'' (per adesso) l'unico capolavoro assoluto, nella filmografia del regista. Ciò nonostante ''Respiro'' è un lavoro splendido e di rara sensibilità, uno di quelli che il sottoscritto si porta nel cuore al punto da non sapersi trattenere dall'inserirlo in questa sorta di selezzione decennale. Il film è girato sotto il cocente sole di una Lampedusa estiva, lambita dal mare, lontana dalla terraferma, ancorata a un' universo sempre diverso e sempre uguale a se stesso, un isola che offre ai suoi abitanti una vita fortemente segnata dalla tradizione. Una quotidianità scandita dai ritmi del mare, che domina la vita di uomini, donne e bambini. Grazia (una bravissima e abbronzatissima Valeria Golino che dona con estrema generosità il suo corpo dal profumo di mandorlo) fa parte di questa comunità ristretta che popola l'isola. E' solare, istintiva, appassionata, ma anche fragile e imprevedibile. Ha marito e figli, ma fatica ad adeguarsi ai clichè che regolano la vita dell'isola e dei suoi abitanti. Il suo contatto con il piccolo mondo che la circonda è così particolare da risultare incomprensibile a quanti le stanno intorno. Per questo è considerata stravagante ed è fonte di pettegolezzi e malignità. Al punto che il marito Pietro viene convinto a farla ricoverare a Milano, per curarla. Ma l'uomo non ha fatto i conti con il figlio Pasquale, detto Boccanera, tredicenne grintoso che non può fare a meno di venire in difesa della madre, nascondendola e facendo credere a tutti che sia morta. ''Respiro'' è un film intenso e bellissimo, una storia minimalista di sentimenti, emozioni, desideri di libertà. La forza pare venire proprio dal mare dove, alla fine, i protagonisti della storia vanno a tuffarsi e a rifugiarsi, come ultimo domicilio per le persone che hanno voglia di vivere, libere.
.
Crialese bis. ''Respiro'' è il film che aveva anticipato ''Nuovomondo'' (per adesso) l'unico capolavoro assoluto, nella filmografia del regista. Ciò nonostante ''Respiro'' è un lavoro splendido e di rara sensibilità, uno di quelli che il sottoscritto si porta nel cuore al punto da non sapersi trattenere dall'inserirlo in questa sorta di selezzione decennale. Il film è girato sotto il cocente sole di una Lampedusa estiva, lambita dal mare, lontana dalla terraferma, ancorata a un' universo sempre diverso e sempre uguale a se stesso, un isola che offre ai suoi abitanti una vita fortemente segnata dalla tradizione. Una quotidianità scandita dai ritmi del mare, che domina la vita di uomini, donne e bambini. Grazia (una bravissima e abbronzatissima Valeria Golino che dona con estrema generosità il suo corpo dal profumo di mandorlo) fa parte di questa comunità ristretta che popola l'isola. E' solare, istintiva, appassionata, ma anche fragile e imprevedibile. Ha marito e figli, ma fatica ad adeguarsi ai clichè che regolano la vita dell'isola e dei suoi abitanti. Il suo contatto con il piccolo mondo che la circonda è così particolare da risultare incomprensibile a quanti le stanno intorno. Per questo è considerata stravagante ed è fonte di pettegolezzi e malignità. Al punto che il marito Pietro viene convinto a farla ricoverare a Milano, per curarla. Ma l'uomo non ha fatto i conti con il figlio Pasquale, detto Boccanera, tredicenne grintoso che non può fare a meno di venire in difesa della madre, nascondendola e facendo credere a tutti che sia morta. ''Respiro'' è un film intenso e bellissimo, una storia minimalista di sentimenti, emozioni, desideri di libertà. La forza pare venire proprio dal mare dove, alla fine, i protagonisti della storia vanno a tuffarsi e a rifugiarsi, come ultimo domicilio per le persone che hanno voglia di vivere, libere.
.
.
SANGUE VIVO
di Edoardo Winspeare, 2000
SANGUE VIVO
di Edoardo Winspeare, 2000
.
.
Nel 1993 il Salento ha dato vita al gruppo Officina Zoè, nato per merito e volontà del regista Edoardo Winspeare, di Lamberto Probo e Pino Zimba. Basandosi su vicende, atmosfere e valori come la pizzica e le tradizioni del Salento, sono nati alcuni validi film e un gruppo musicale. "Sangue vivo" (preceduto da ''Pizzicata'' uscito nel 1995), in particolare, racconta il dramma della povertà, della disoccupazione, della delinquenza (attraverso le storie e i personaggi del film interpretati da attori non professionisti del luogo che recitato in vero dialetto salentino, e per questo sono ancora più credibili) del nostro sud, ma allo stesso tempo individua una via di fuga, uno strumento di liberazione e catarsi nella possibilità di urlare, gridare, ballare e gioire. Attraverso la pizzica. Ecco uno dei significati e dei valori della pizzica: battere forte i tamburi per comunicare la rabbia, il dolore. Non importa se dalle loro mani sgorgherà il sangue per quanto si suonerà… è sangue vivo, amore, energia, vita che viene trasmessa, nonostante tutto.
Nel 1993 il Salento ha dato vita al gruppo Officina Zoè, nato per merito e volontà del regista Edoardo Winspeare, di Lamberto Probo e Pino Zimba. Basandosi su vicende, atmosfere e valori come la pizzica e le tradizioni del Salento, sono nati alcuni validi film e un gruppo musicale. "Sangue vivo" (preceduto da ''Pizzicata'' uscito nel 1995), in particolare, racconta il dramma della povertà, della disoccupazione, della delinquenza (attraverso le storie e i personaggi del film interpretati da attori non professionisti del luogo che recitato in vero dialetto salentino, e per questo sono ancora più credibili) del nostro sud, ma allo stesso tempo individua una via di fuga, uno strumento di liberazione e catarsi nella possibilità di urlare, gridare, ballare e gioire. Attraverso la pizzica. Ecco uno dei significati e dei valori della pizzica: battere forte i tamburi per comunicare la rabbia, il dolore. Non importa se dalle loro mani sgorgherà il sangue per quanto si suonerà… è sangue vivo, amore, energia, vita che viene trasmessa, nonostante tutto.
Nessun commento:
Posta un commento