venerdì 18 dicembre 2009

Una discografia per gli anni ''0'' /Burial


BURIAL
Untrue (Hyperdub, 2007)



Londra: in tempi in cui non si può inventare nulla, soprattutto in ambiti così battuti come quelli della dance music, c'è sempre una scintilla che pulsa in qualche sconfinato angolo della città, pronta a spiccare il volo e dare il via all'ennesima riscossa. La curiosità di molti è anche quella di verificarne, in tempi brevi, la consistenza, per capire se e come riuscirà ad affrontare le fugaci passioni dei londinesi. I produttori internazionali ne sono a conoscenza e attingono a piene mani e senza fronzoli a tutto ciò che li ha preceduti, per proiettare nel futuro ciò che hanno vissuto e, a questo punto, rielaborato. A tal proposito il fenomeno dubstep ha molte cose da dire. Nella sua ossatura coesistono, infatti, tanti approci musicali differenti, contigui ma non antagonisti, che spesso si fondono con elasticità e equilibrio: rimandi alla scena rave inglese, reggae, dub, techno, jungle, two step, grime... Tutto rallentato, a volte anche in maniera estrema, tutto giocato sulle frequenze basse, come una cappa che avvolge e ipnotizza. Artisti come Skream, Digital Mystiks, Kode9, Burial ecc.. sono stati tra i primi a cavalcare con audacia l'onda del rinnovato interesse per questo nuovo modo di intendere i suoni. Con soli due album all'attivo (ma che album!) e una manciata di 12", Burial è senza dubbio il più noto fra gli attuali produttori dubstep. In seguito a una discreta improvvisa notorietà, alcuni tabloid inglesi hanno anche speculato sull'immagine del musicista, dichiarando che dietro al suo nome si potesse nascondere Richerd D. James (Aphex Twin) o altri nomi noti, costringendolo a rivelare pubblicamente la propria identità (William Bevan). Il suo magnifico omonimo esordio era/è un concentrato magistrale di tutta la urban meticcia della capitale inglese degli ultimi 15 anni, certo con le tipiche caratteristiche che hanno plasmato il suono dubstep di cui abbiamo parlato sopra, mentre nel successivo capolavoro ''Untrue'' (preferito comunque con qualche dubbio al suo predecessore, come scelta definitiva da portare nell'arca dei migliri lavori del decenneo), le atmosfere si fanno ancora più plumbee e inquietanti, ma con tocchi e squarci luminosi improvvisi e con un lavoro sulle voci (che sembrano arrivare direttamente dall'altro mondo) e sulle microritmiche (glitch) davvero fantastico, a rendere questo lavoro spiazzante e doloroso, ricco di spleen, atmosferico e incredibilmente magico: ''Mi piace mettere dei tocchi luminosi in pezzi che sono ombrosi di brutto, farli apparire per un momento e poi toglierli al volo. E' il suono che amo, come tizzoni che spuntano, piccoli incandescenti brandelli di voci, appaiono per un secondo e poi scompaiono, e rimani con una sensazione di vuoto, come il suono di un passaggio d'aria, qualcosa che è inquietante e vuoto. Come se stai dentro un giornalaio perchè fuori piove, un piccolo santuario, e all'improvviso esci. Amo questo feeling [...] il suono su cui mi sono concentrato è qualcosa tipo quando esci da un club e hai quell'eco in testa della musica che hai appena sentito. Amo la musica da club ma non è nelle mie corde produrla, preferisco cercare di riprodurre l'eco luminosa di quella musica. O mi piace quando fai i gradini per scendere in un club e inizi a sentire la musica ma intorno a te c'è gente che parla e la musica si mischia con la vita reale. Mi piace quel suono, è come il ricordo di un pezzo, la sa immagine mentle''. [Tracklist]


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