sabato 5 dicembre 2009

Il ritorno del Buffalo

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Sul finire degli Ottanta si facevano chiamare Shiva Burlesque (video) , all'attivo due ottimi dischi, all'insegna di un rock psichedelico tenue e dimesso. Poca la gloria, ancor meno i quattrini, puntualmente si sciolsero. Per nulla scoraggiato, il cantante e chitarrista Grant Lee Phillips coinvolse il batterista Joy Peters e il bassista Paul Klimbe in un nuovo trio folk-oriented, ma sempre con una vena psichedelica importante. Nuova ragione sociale: Grand Lee Buffalo. L'esordio fu così maturo e potente da non sembrare neanche un debutto: tenebroso ed epico e dolce al tempo stesso, Fuzzy (Slash, 1993) è un grande disco, un album che dalla scrittura intensissima per quale in sede critica sono stati tirati in ballo (spesso non a torto) nomi del calibro di Twin White Rope, Bob Dylan, Velvet Underground, Green On Red, Gram Parson, Gun Club...



Tuttavia, in un mercato ancora nel pieno dell'ubriacatura grunge, nonostante la sponsorizzazzione di Michael Stipe (legato da salda amicizia con Grant Lee) e numerosi attestati di stima della critica tutta, non aprì all'epoca brecce significative. Nonostante questo, il trio decise opportunamente di rilanciare, ma di correggere in parte la rotta. Ne esce un altro piccolo capolavoro, Mighty Joe Moon (Slasch, 1994) dove i Grant Lee Buffalo fanno convivere in maniera sublime acustico ed elettrico anche attraverso l'uso di mandolino, marimba, organo e qualche fremito di violencello. Ogni pezzo è a suo modo un gioiello di equilibrio: quadretti di folk, rock e country a volte anche ombrosi, impalpabili e graffianti, ma con la splendida voce e la teatralità dei falsetti di Grant Lee a donare splendore melodico e immediatezza. E non finiresti mai di ascoltarlo questo disco, parentesi quieta/inquieta dei primi anni di liceo, tra un Nirvana, un Pixies o un Pavement di turno.



Anche questa volta la stampa specializzata non lesinò in complimenti, arrivando a prevedere loro un futuro da nex big thing (come si usava scrivere quando arrivava il momento buono per lanciare un gruppo), e come se non bastasse i R.E.M. se li portarono in tour dando loro la garanzia di una ulteriore visibilità. Ci pensò Copperopolis (Slash, 1996) due anni più tardi a sbaragliare speranze e prospettive, smarrendosi in una serie di brani davvero bruttini. Non fu accolto bene ''Copperopolis'', tanto che Kimble abbandonò la baracca, lasciando a Phillips e a Peters l'onere di un canto del cigno appena più dignitoso, rispetto al lavoro che l'aveva preceduto, come Jubilee (Warner Bros, 1998). 

GRANT LEE PHILLIPS


Dopo lo scioglimento dei Grant Lee Buffalo il talentaccio di Grant Lee si ritagliò quindi nuove dimensioni in solo, tra alti e bassi, ma sempre con buone dosi di umanità da vendere. Esordì con l'album acustico Ladies Over Oracle (Phillips, 2000). Mobilize (Zoe, 2001), il secondo album solista, segnò invece l'ingresso dell'elettronica. Con Virginia Creeper (Cooking Vinyl, 2004) e il più recente Strangelet (Zoe, 2007) Phillips tornò alle vecchie fascinazioni country-folk-rock. In mezzo un disco di cover: Nineteeneighties (Zoe, 2006), fino al bellissimo Little Moon , fresco di stampa.


GRANT LEE PHILLIPS
Little Moon (Yep Rock, 2009)


''Little Moon'', è probabilmente il lavoro migliore di Grant Lee Phillips dai tempi dei Buffalo. Registrato in soli quattro giorni in compagnia di Jamie Edwards alle tastiere, del produttore e bassista Paul Bryan, del batterista Jay Bellerose (al lavoro anche con Robert Plant) e del percussionista Sebastian Aymans,''Little Moo'' ci riconsegna gli aromi seducenti delle migliori ballate in chiaroscuro di Grant Lee.

 

Bastano pochi accordi di chitarra e la languida voce del nostro per essere catapultati in questo mondo meraviglioso, dove la musica puntualmete sa scandire certi ricordi, quasi fossero vento, e colpisce direttamente al cuore con una manciata di brani al solito ben scritti, perennemente in bilico tra folk e rock, senza pretese rivoluzionarie. I passaggi convincenti non mancano, tra cantautorato malinconico(Nightbirds..), ballate avvolgenti (Buried Treasure..), morbidi country (la title track, ''Violet''..), fiati quasi marching band (It Ain't The Same Old Cold War Harry)... Qualcuno parlerebbe di dischi fuori tempo massimo, io semplicemento mi limito a riferire di canzoni che sono, sono state e saranno sempre bellissime. (Grant-Lee Phillips Official Website)


3 commenti:

  1. Ma perchè hai cancellato la replica? A cosa lo fai a fare un blog se non si può neanche discutere le argomentazioni? Mah...

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  2. Hai ragione Carlo, scusami. Avevo intenzione di risponderti, ma mi sono accorto molto tempo dopo delle tue osservazioni e pensavo (sbagliando) che non saresti più tornato da queste parti. Scusa ancora. Naturalmente rispetto molto i tuoi giudizi, ma quello che non mi è andato giù è che tu mi accusassi di non aver ascoltato i dischi. Da che mondo è mondo, per fortuna, non esesiste una verità sacrosanta, e nella musica non c'è un metro di giudizio universale dal quale non si può prescindere. Semplicemente io la penso così, ma se è il mio modesto parere che ti irrita, ti dico anche che non sono l'unico ad aver giudicato maluccio ''Copperopolis''. Semplicemente il disco non mi ha stupito come invece mi avevano stupito quelli che l'hanno preceduto e l'ispirazione mi sembra un po' annacquata (Arousing Thunder, a parte). Comunque, pur non condividendo, spero di cuore tu voglia accettare la mia frettolosa analisi. Sarebbe un bel segnale, e scusa ancora. A presto Carlo!!!

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  3. Non riesco a postare più di 10 righe in questa pagina, non so perchè! Comunque mi dispiace se il mio tono ti ha infastido, il mio intento era mirato a far riascoltare il disco! Già che parli dei GLB vuol dire che hai un ottimo orecchio... sono giusto amareggiato verso i "critici musicali" (figura nociva) per averlo fatto sparire al tempo. E' il classico disco che ci mette a carburare, ma quando carbura...!

    Ciao,
    a presto

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